Allarme per 1.800 lavoratori trentini Capodanno difficile: tagli a posti e salari
La crisi è passata. Ciò nonostante per 1.800 lavoratori trentini non sarà un Capodanno tranquillo. I colpi di coda della recessione precedente e i segnali di quella nuova mandano a casa 18 dipendenti dell’Italcementi di Sarche e 31 della Nuova Pulisprint di Nago.
Sono in allarme i 322 lavoratori, tra pneumatici e meccanica, della Marangoni di Rovereto, e i poco più di mille in tutto il mondo, per un gruppo che ha chiuso il 2017 con 22 milioni di rosso e un patrimonio netto dimezzato a 44 milioni contro 100 di debiti. La speranza è appesa a nuovi capitali dal Brasile. Restano in bilico, poi, almeno 600 lavoratori di Dolomiti Energia i cui servizi potrebbero essere esternalizzati. E rischiano grosso da 70 a 100 operatori del sociale - stamattina la manifestazione (vedi pagina 11) - dopo i tagli decisi dalla nuova giunta provinciale. Per i quasi 500 del Sait, dopo gli 80 licenziamenti, il rischio è ora sul salario. I 224 dei superstore Coop affrontano le incognite del passaggio ad un altro operatore, si spera più solido ma non è ancora detto.
Nella riunione al ministero del Lavoro lo scorso 17 dicembre il governo ha confermato la decisione di non prorogare ulteriormente gli ammortizzatori sociali per i 347 dipendenti di Italcementi attualmente in cassa integrazione a zero ore perché in esubero. Di essi, 18 sono nello stabilimento di Sarche di Calavino. Per i 282, di cui 15 trentini, che avevano già sottoscritto il piano sociale dell’azienda, oggi controllata dalla tedesca HeidelbergCement, nessuna speranza: tutti a casa dalla prossima settimana, senza un soldo in più. Per 65, di cui 3 a Sarche, ci saranno incentivi all’esodo concordati con i sindacati Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil.
Molto peggio è andato ai 31 lavoratori e lavoratrici, già scesi rispetto ai 47 di sei mesi fa, della Nuova Pulisprint di Nago (lavanderia industriale), che nei giorni scorsi ha semplicemente chiuso i battenti e licenziato tutti. «La situazione era di crisi conclamata da qualche anno - spiega Mario Cerutti della Filctem Cgil che, con la Femca Cisl, segue la vicenda - Ma all’improvviso hanno chiuso i cancelli e buttato fuori la gente in modo selvaggio. Proveremo con gli ammortizzatori sociali, ormai però bisogna pensare alla ricollocazione. Certo, la politica su questo non l’abbiamo sentita».
Sulla Marangoni invece i tavoli sono addirittura due. «Quello provinciale con la nuova giunta - ricorda Cerutti - a cui i sindacati Cgil, Cisl e Uil chiedono di verificare con la proprietà il protocollo con Trentino Sviluppo, e la convocazione al ministero del Lavoro il 10 gennaio, dove non si parlerà solo di Rovereto ma anche delle altre sedi italiane. Con il leaseback si voleva radicare la Marangoni in Trentino, ora però ci sono incognite pesanti». I dati definitivi del bilancio consolidato del gruppo, dopo le anticipazioni dell’Adige (7 dicembre), sono, se possibile, ancora più preoccupanti.
I ricavi sono scesi del 13% a 207 milioni e addirittura del 19% a 72 milioni per la sola Marangoni spa (361 dipendenti tra Rovereto e Ferentino, nel Lazio). La perdita è di 22,2 milioni di cui 21,6 la Marangoni roveretana. I debiti finanziari sono scesi intorno ai 100 milioni, ma il patrimonio netto è quasi dimezzato a 44 milioni, non solo per le perdite ma anche per svalutazioni in America Latina, dove la Marangoni Tread ha chiesto il concordato preventivo in continuità. Il futuro è appeso ai nuovi capitali che dovrebbero arrivare dalla brasiliana Vipal Borrachas.
Né si può stare tranquilli sul fronte elettricità, gas e rifiuti, dove una norma del Codice degli appalti e una sua recente interpretazione prevede di mettere a gara l’80% dei servizi oggi forniti da società come Set Distribuzione (rete elettrica), Novareti (gas), Dolomiti Ambiente (rifiuti), tutte aziende che fanno capo al gruppo Dolomiti Energia. A livello nazionale sono coinvolti 28 mila addetti, anzi Filctem Cgil, Flaei e Femca Cisl e Uiltec Uil parlano di 70 mila lavoratori a rischio considerando anche altri provvedimenti della maggioranza di governo che riguardano il servizio idrico e le energie rinnovabili. In Trentino su 760 dipendenti delle tre concessionarie, 600 potrebbero perdere il posto o peggiorare le condizioni lavorative se pure fossero confermati dopo la gara. «Ad oggi - dice Cerutti - nonostante lo sciopero riuscito del 17 dicembre, non si vedono soluzioni».
Deriva anche dalla mancata garanzia ai lavoratori nel subentro in un appalto tra cooperativa Kaleidoscopio e Croce Rossa la vicenda dei tagli all’accoglienza che potrebbero portare fino a 100 esuberi nelle coop e associazioni impegnate in quel campo e di cui scriviamo nelle pagine successive.