Trentino: 769 pensionati d'oro
Sono 769 i paperoni delle pensioni, con oltre 100.000 euro lordi annui, chiamati in Trentino alla cassa dal primo giugno scorso. La norma sulle pensioni d’oro, infatti, approvata dal governo 5 Stelle-Lega è entrata in vigore con l’inizio del mese in corso, anche se il prelievo è retroattivo visto che viene applicato sugli assegni previdenziali incassati dal primo gennaio di quest’anno.
La misura prevede il taglio di una quota percentuale sulla parte eccedente i 100.000 euro lordi in una misura compresa tra 15 e 40%.
In particolare, la legge di bilancio 2019 prevede la riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2023, quindi per 5 anni in totale, del 15% della parte eccedente i 100.000 euro lordi e fino a 130.000 euro, del 25% per la parte eccedente i 130.000,1 e fino a 200.000 euro, del 30% per la parte eccedente i 200.000,1 e fino a 350.000 euro, del 35% nel caso di pensioni tra 350.000,1 e i 500.000 euro e del 40% per la quota di importo oltre i 500.000,1 euro.
Così, ad esempio, una pensione che tocca i 140.000 euro lordi sarà ridotta per la parte sopra i 100.000 euro lordi e fino a 130.000 euro lordi di circa 4.500 euro (il 15% di 30.000 euro lordi) e di altri 2.500 per i 10.000 euro lordi che vanno da 130.000,1 a 140.000 euro lordi complessivi. Per un taglio sul lordo che vale 7.500 euro annui da qui al 2023 compresi: ovvero 37.500 euro.
Per quanto riguarda il Trentino, che ha 769 pensionati che percepiscono oltre 100.000 euro lordi annui (1 pensione su 200 circa, visto che in Trentino gli assegni sono circa 155.000), il taglio avviato dall’inizio di questo mese colpisce in particolare circa 500 pensionati che negli anni scono usciti dal pubblico (60%) e 270 circa dal privato (40%). Se si guarda alle professioni che avevano esercitato durante la vita lavorativa, si notano, tra le altre, quelle di manager nel privato, e di dirigenti provinciali, bancari (quando le banche erano pubbliche), militari tra i pensionati d’oro del pubblico. Tra i privati, tra l’altro, le donne sono solo l’1%, mentre salgono al 14% nel settore pubblico.
«La cifra elevata deriva dal fatto che sono pensionati usciti con il sistema retributivo - afferma il direttore regionale dell’Inps, Marco Zanotelli - e che quindi avevano ricevuto cifre più consistenti rispetto ai salari di fine carriera rispetto a chi, magari con stipendi simili, va col sistema misto, ossia in parte retributivo in parte contributivo, o col solo sistema contributivo».
A livello regionale, con quasi 770 pensionati d’oro, il Trentino, seppur per poco, primeggia in termini numerici contro i 734 del Sudtirolo. In totale, dunque, sono circa 1.500 i pensionati che in regione hanno diritto a un assegno mensile lordo di circa 8.000 euro.
Dal primo giugno, tra l’altro, assieme al taglio delle pensioni d’oro, come è noto è partito anche il recupero di parte della perequazione (l’aumento della pensione per effetto dell’inflazione) per migliaia e migliaia di trentini con la pensione tre volte oltre il minimo. In questo caso, il recupero di parte dell’inflazione concessa nel periodo tra gennaio e marzo vale alcuni milioni di euro nel triennio tra il 2019 e il 2021 e comporterà un calo del potere d’acquisto delle pensioni di una parte dei pensionati trentini.