Guerra Google-Uber: ingegnere arrestato per furto di segreti
Anthony Levandowski, uno degli ingegneri star della Silicon Valley nelle auto autonome, è stato arrestato e accusato di furto e tentato furto di segreti commerciali di Google.
Levandowski ha lavorato a Waymo, la divisione per le vetture senza guidatore di Mountain View, per anni prima di passare a Uber.
Proprio poco prima di lasciare Google nel 2016 ha scaricato - è l’accusa - 14.000 file con informazioni cruciali sulle auto autonome. File che ha trasferito, contravvenendo alle norme, sul suo computer personale e portato con sè. Nel 2016 Levandowski è approdato a Uber, dopo che l’app per auto con conducente ha acquistato la sua start up di camion autonomi, Otto.
Levandowski è stato l’uomo al centro dello scontro in tribunale fra Google e Uber, risolto con un successivo patteggiamento.
Le accuse mosse nei suoi confronti aprono ora una nuova pagina nella saga, oltre a mostrare come i big della Silicon Valley sono pronti a difendere con tutte le armi a loro disposizione le loro tecnologie.
È prassi comune per le aziende hi tech fare eventualmente causa a tutela della loro proprietà intellettuale ai dipendenti usciti e che sono stati assunti da una società rivale. Non è invece prassi comune che siano presentate accuse penali nei confronti di un manager per il furto di segreti commerciali. Se condannato Levandowski rischia fino a 10 anni di carcere e una multa fino a 250.000 dollari.
Levandowski è uno dei pionieri nella ricerca nelle auto autonome. È diventato famoso per la sua tecnologia mentre era ancora all’università di Berkley, in California, nel 2004: aveva allora messo a punto una moto senza guidatore che ha fatto parte della prima gara indetta dal Pentagono sulle auto autonome. Dopo aver lavorato a Google Levandowski è approdato a Uber. Un arrivo che ha aperto la strada all’azione legale avviata da Waymo: una causa che ha mandato in crisi i rapporti fra la stessa Uber e l’ingegnere star. Una crisi talmente profonda che Uber lo ha cacciato nel 2017. «Uber rimpiange anche di averlo assunto», disse uno dei legali dell’app per auto con conducente in tribunale.