Casse Rurali, rinnovamento e nodi i diciotto mesi della tempesta che ha travolto la Cooperazione
Diciotto mesi vissuti sul filo. Marina Mattarei, da ieri, di fatto non è più la presidente della Federazione trentina della cooperazione. A chi non segue assiduamente le vicende di via Segantini, le dimissioni in massa del consiglio di amministrazione potrebbero apparire un fulmine a ciel sereno.
In realtà, se si ascoltano le voci interne, si capisce che la situazione col tempo era diventata sempre meno sostenibile per tanti consiglieri di tanti settori e non solo per la partita del credito. Marina Mattarei era salita alla presidenza della Federazione della cooperazione con una assemblea spaccata, tanto che al ballottaggio aveva ottenuto 349 voti, 10 voti in più di Michele Odorizzi. Una elezione avvenuta l’8 giugno del 2018 convincendo la maggioranza dei votanti con la parola «cambiamento». «Cambiamento non significa buttare a mare quanto di buono è stato fatto, ma cercherò di ridare onore all’istituzione, riportando reputazione e credibilità a tutto il movimento. Accetto questo incarico con grande responsabilità, garantendo fin d’ora l’interconnessione con le realtà cooperative anche periferiche, l’approfondimento delle relazioni e dei problemi sul territorio» aveva detto Mattarei dopo l’elezione.
A inizio 2019 l’intervista all’Adige con le parole di apertura al governo leghista avevano costretto la Mattarei alla marcia indietro sul tema migranti, ma avevano avviato un mini terremoto interno al cda (via Mariangela Franch dopo la lettera firmata da 11 consiglieri) e reso meno solida l’autorità della presidente.
Che, secondo le accuse di alcuni consiglieri dimissionari, come Paolo Spagni, avrebbe gestito in maniera non corretta il cda e non sarebbe stata in grado di mediare rispetto alle contestazioni interne al movimento. Ultima quella dei soci della ex Rurale di Lavis, uno dei casi che più stanno scuotendo i già delicati rapporti tra Cassa Centrale Banca, Rurali da un lato e Federazione della cooperazione dall’altro.
Non è certo una questione di carattere o personale, quella in ballo. Ma di diversa visione del futuro della Federazione e del credito cooperativo. La colpa affibbiata alla presidente dai suoi detrattori è di non essere riuscita a trovare una quadra sul tema. Una questione non semplice da definire, anche alla luce della presenza di chi, dentro Ccb, spinge per dividere il mondo del credito dalla Federazione trentina. E la presidente, un po’ per proprie scelte un po’ per una situazione complicata, alla fine è rimasta schiacciata nella fase di transizione del modello cooperativo stesso. Ora spetterà al prossimo presidente - girano i nomi di Renato Dalpalù, Paolo Piccoli, Lorenzo Dellai, ma ad oggi non sono che una boutade - sciogliere i tanti nodi della Cooperazione.
IL NODO CASSE RURALI - In questi due anni i punti di discussione e di contrasto in Cooperazione non sono mancati. Ma uno emerge fra tutti: il credito e il ruolo delle Casse rurali. Le banche cooperative sono state a lungo il pilastro, anche economico, della Federazione. Negli ultimi anni però sono successe due cose: la crisi finanziaria con l’emergere della debolezza di tante banche piccole, anche cooperative, e la riforma del credito coop. Su come rafforzare le Casse, ad esempio attraverso le fusioni e la nascita di banche più grandi, e sui rapporti tra il nuovo gruppo bancario Cassa Centrale nato dalla riforma e il resto del movimento cooperativo si sono sviluppate le maggiori tensioni di questi mesi.
I due aspetti, rafforzamento delle Bcc e gruppi bancari, sono collegati. «La riforma del credito cooperativo - ha ricordato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco l’altro giorno al congresso Assiom Forex a Brescia - è stata concepita con il fine di conseguire i guadagni di efficienza e le economie di scala necessari per affrontare le sfide connesse con la trasformazione del mercato bancario, preservando al contempo lo spirito mutualistico delle Bcc». Ma su questa combinazione non c’è consenso. Cassa Centrale ha lasciato la Federazione nel settembre 2018 per ragioni di normativa, ma in sostanza per non far dipendere una capogruppo bancaria nazionale da una Federazione locale. Le Rurali e le altre Bcc del gruppo, partito nel gennaio 2019, sono azioniste di Ccb ma al tempo stesso sorvegliate dalla capogruppo.
La presidente di Federcoop Marina Mattarei si è trovata spesso dalla parte dei critici della riforma, sottolineando il rischio della perdita delle radici mutualistiche delle Casse rurali. Cassa Centrale spinge invece per rompere i legami con Federcoop. I presidenti delle Rurali e consiglieri del credito, poi dimissionari, come Marco Misconel hanno provato a trovare un punto di equilibrio. In questo quadro è arrivata anche l’ultima battaglia legale di soci e Provincia contro la fusione tra le Casse di Trento e Lavis. Su cui la Federazione ha taciuto.