Crisi, prestiti incagliati in banca Erogato un quinto delle richieste
In Trentino i primi soldi dei prestiti anti-crisi sono arrivati sui conti correnti delle imprese. Più della metà dei finanziamenti fino a 25mila euro garantiti al 100% dallo Stato e il 25% di quelli di importo superiore sono stati erogati. Complessivamente superiamo i 50 milioni di euro, che dovrebbero diventare in tempi brevi 75 milioni con le altre pratiche trattate con urgenza da Confidi Trentino Imprese. Ma i prestiti di emergenza richiesti da cinquemila aziende trentine valgono 250 milioni. L’erogato è pari a un quinto del totale. Tante aziende in difficoltà stanno ancora aspettando. E i tempi lunghi non dipendono né dal Confidi né dal Fondo centrale di garanzia: dipendono dalle banche.
L’allarme è lanciato dalla Fabi, la Federazione autonoma dei bancari, che in un rapporto sui dati dei finanziamenti anti-Covid regione per regione osserva che il Mezzogiorno risulta complessivamente penalizzato, non solo nei prestiti ma anche nelle moratorie, e questo accresce il rischio usura per le imprese. Ed è confermato dai primi risultati dell’indagine avviata dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario, attraverso questionari inviati a 150 istituti: la strozzatura delle procedure è in banca.
Secondo i dati del Fondo centrale di garanzia, aggiornati a venerdì, le domande arrivate da imprese trentine per i prestiti anti-crisi sono in tutto 1.810 per 144,2 milioni. Quelle per i crediti fino a 25mila euro con garanzia pubblica al 100% sono 1.225 per un importo di 26 milioni. Il limite dovrebbe essere alzato a 30mila euro dal decreto Rilancio in discussione in Parlamento. Altre 585 aziende della nostra provincia hanno chiesto finanziamenti fino a 800mila euro garantiti dal Fondo centrale al 90%, per un ammontare di 118,2 milioni. A questo vanno aggiunte le richieste al plafond Ripresa Trentino che superano quota 4.300, per oltre 100 milioni di importo. Nel conto sono comprese quelle al Fondo nazionale garantite al 100%. Complessivamente quindi, aggiungendo a 4.300 le aziende che sono passate direttamente per il canale nazionale, si avvicinano a 5.000 le imprese locali che hanno chiesto crediti agevolati anti-crisi a Trento e a Roma per circa 250 milioni.
Le procedure al Fondo centrale di garanzia sono celeri, anzi, nel caso dei prestiti fino a 25mila euro, la garanzia è automatica. Come ha spiegato Aria Laura, direttrice generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, nella recente audizione in Commissione banche, l’importo dei finanziamenti garantiti dal Fondo ammonta a più di 7,9 miliardi, tra cui pressoché tutti i 6,7 miliardi richiesti fino a 25mila euro, su un totale di domande di finanziamenti garantiti per 15,9 miliardi.
Analogamente il Confidi Trentino, che non si occupa delle domande fino a 25mila euro, ha lavorato il 45% delle richieste arrivate, come spiegato dal presidente Giuseppe Bertolini e dal direttore generale Marco Paissan sull’l’Adige di giovedì. Sul conto di 350 imprese sono arrivati circa 15 milioni e altri 24,5 milioni sono vicini alla meta. Ma prima del Confidi bisogna aspettare l’istruttoria delle banche. Le domande respinte dal Confidi sono solo 7, mentre gli istituti di credito hanno detto no a 174 richieste.
Secondo la Fabi, entro l’anno le domande di credito garantito provenienti da micro, piccole e medie imprese saliranno dalle attuali 358mila a 2 milioni e mezzo. In Trentino potrebbero superare le 12mila, cioè più del doppio di quelle attuali. Significa che il plafond Ripresa Trentino da 500 milioni, dove i prestiti sono a tasso zero per i primi due anni perché paga la Provincia, non sarebbe sufficiente.
La stima della Fabi prende in considerazione il totale di 5 milioni di partite Iva e Pmi, dal quale vanno sottratti 500-600mila soggetti inattivi, che non presenteranno alcuna domanda di liquidità, e un altro mezzo milione di partite Iva che non è nelle condizioni di poter accedere a queste forme di finanziamento poiché in stato di difficoltà o dissesto già prima dell’emergenza ovvero prima del 31 gennaio. Altre 500.000 Pmi hanno incassi dichiarati di 15.000 euro annui e quindi potrebbero richiedere una cifra talmente esigua che i costi del prestito supererebbero la convenienza.
Dei restanti 3,5 milioni di soggetti, 1 milione di imprese potrebbe non avere le carte in regola per presentare domanda oppure avere in cassa liquidità sufficiente e quindi non aver bisogno di credito aggiuntivo. Ne restano, appunto, 2,5 milioni.