Ristoratori ed esercenti: il nuovo Dpcm del Governo ammazza bar e ristoranti
L’Associazione ristoratori del Trentino e quella degli Esercenti intervengono sulle misure previste dal Dpcm 13 ottobre.
«Le limitazioni imposte ai nostri esercizi – spiega il presidente dei Ristoratori Marco Fontanari – non risolvono il problema degli assembramenti ma creano un danno economico rilevante».
Se l’obiettivo, condiviso, è quello di arginare una seconda ondata di diffusione del virus, i modi scelti per raggiungerlo sono alquanto discutibili. Dopo gli interventi della Federazione nazionale dei pubblici esercizi FIPE, anch’essa molto critica sui provvedimenti rivolti alle imprese, l’Associazione ristoratori del Trentino fa sapere, per bocca del suo presidente Marco Fontanari, i propri dubbi sulle limitazioni imposte dal governo.
«Crediamo – spiega Fontanari – che gli assembramenti non si risolvano limitando le nostre imprese. Imprese che rispettano rigorosamente i protocolli e le regole. Non deve passare l’idea che sia rischioso andare al ristorante perché non è assolutamente vero. Siamo aperti dal 18 maggio e non ci sono stati casi di focolai o di aumento dei contagi legati ai ristoranti. I locali sono controllati e controllabili facilmente e non si trasformano in focolai dopo le 21 o mezzanotte. Siamo tutti responsabili: gli esercenti, i nostri collaboratori, i clienti».
«Condividiamo certamente gli sforzi del Governo per evitare un nuovo lockdown e per contenere la diffusione del virus, ma crediamo anche che gli ambiti dove intervenire siano altri, non certo quello dei ristoranti, già piegati da mesi di chiusura e con i fatturati in calo vertiginoso. Come Associazione, seguita convintamente da tutti gli associati, abbiamo collaborato per la stesura dei protocolli, ci siamo attivati affinché venissero rispettati e seguiti con rigore. Oggi però questa nuova limitazione ci rende particolarmente scettici e crediamo che non solo non sia efficace ma addirittura costituisca un ulteriore danno all’intera categoria».
«Ci aspettiamo – conclude Fontanari – che oltre a queste limitazioni il governo preveda anche ulteriori misure a sostegno della nostra categoria. Questi dpcm, calati dall’alto e che entrano immediatamente in vigore, tengono in poca considerazione le aziende e la loro organizzazione. Ci auguriamo, inoltre, che la stessa velocità con cui diventano operativi blocchi e limitazioni possa essere applicata anche agli strumenti che devono sostenere le imprese».
Anche per i pubblici esercizi le limitazioni imposte con il Dpcm del 13 ottobre scorso rappresentano una vera e propria “mazzata”. Per quelle aziende che lavorano soprattutto la sera, o addirittura esclusivamente in orario serale, il provvedimento decreta quasi automaticamente la chiusura, con conseguenze pesantissime dal punto di vista economico e dei posti di lavoro in gioco.
«Nei nostri locali – sottolinea la presidente dell’Associazione dei pubblici esercizi del Trentino Fabia Roman – i clienti sono sicuri: i protocolli che seguiamo sono molto rigorosi e permettono di frequentare i pubblici esercizi in sicurezza e senza pericolo di assembramenti. Disinfettiamo, rispettiamo le distanze tra i tavoli, indossiamo e facciamo indossare le mascherine, sanifichiamo gli ambienti con prodotti adeguati e con l’aerazione. Allargare i plateatici – come abbiamo già richiesto – ci concede un’ulteriore opportunità per mantenere operative le nostre imprese».
«Questo dpcm però significa, di fatto, la chiusura per molte imprese che hanno impostato la propria offerta sull’orario serale. E in questo momento non possiamo permetterci un altro stop: molte imprese stanno ancora pagando le conseguenze (e i debiti) dei tre mesi di chiusura; ora stanno arrivando le cartelle ed i bollettini per tutti i pagamenti rinviati dalla primavera. Senza incassi molti locali non riusciranno a far fronte alle spese».
«Chiediamo – conclude Roman – sostegni economici concreti: sono a rischio migliaia di posti di lavoro e centinaia di realtà imprenditoriali, anche solide. Come ha ricordato la Camera di Commercio, il nostro settore ha avuto una contrazione media del fatturato del 61% nel primo semestre del 2020. Un dato che oggettivamente mette in crisi molti bilanci aziendali, anche di quelle realtà più attrezzate. È necessario che la politica faccia di più per sostenere la nostra categoria e, con essa, il vasto indotto che vi gravita attorno. Il dpcm, in assenza di aiuti concreti, è il colpo di grazia per un percentuale troppo rilevante di imprese».