Coldiretti contro il DPCM «a rischio frutta e verdura e anche i nostri agritur»

«Per lo stop alle 18 è a rischio un terzo della spesa alimentare degli italiani destinata ai consumi fuori casa con il moltiplicarsi di locali della ristorazione che decidono addirittura di non aprire per gli elevati costi e la mancanza di clienti». È quanto afferma la Coldiretti nazionale, sulla base di un proprio monitoraggio in riferimento al varo del decreto ristoro per contenere gli effetti del nuovo DPCM, sulla base delle indicazioni dell’Associazione Terranostra.

 

«Dai ristoranti agli agriturismi, dalle gelaterie alle pizzerie fino alle trattorie – sottolinea la Coldiretti - sono molte le realtà che trovano sostenibilità economica solo grazie al lavoro serale che ora è stato vietato dal nuovo Decreto. Per molte strutture la pausa pranzo – sottolinea la Coldiretti - non è sufficiente per garantire la copertura dei costi tenuto conto anche della mancanza di turisti e della diffusione dello smart working che ha drammaticamente tagliato il numero i coperti. Il risultato è il drastico crollo del fatturato della ristorazione che era pari a 85 miliardi l’anno nei 330mila tra bar, mense e ristoranti con un impatto sull’intera filiera alimentare, dalla carne al pesce, dal vino all’olio, dalla frutta alla verdura».

 

Una situazione che - dice il comunicato stampa - «rischia di penalizzare ingiustamente anche l’agriturismo nazionale che può contare secondo Campagna Amica su 24mila realtà diffuse lungo tutta la Penisola spesso situate in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto. “A rischio sono anche i nostri agriturismi -afferma Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti Trentino alto Adige - che potrebbero subire gravi perdite dovute alla chiusura forzata”.

 

E’ paradossale - commenta Coldiretti - poiché si tratta forse dei luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche e alleggerire gli assembramenti nelle città. «Non è un caso che delle 54.128 denunce di infortunio da Covid-19 al lavoro registrate dall’Inail appena lo 0,2% riguarda l’agricoltura dove peraltro nelle 730mila imprese italiane non si è mai smesso di lavorare per garantire le forniture alimentari alla popolazione. Occorre evitare un duro colpo al settore che ha affrontato una crisi senza precedenti che ha provocato una perdita complessiva per il 2020 stimata in circa un miliardo di euro, pari al 65% del fatturato annuale, favorita anche dall’assenza praticamente totale degli ospiti stranieri».​

 

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