Le conseguenze della pandemia: ogni trentino perde 3200 euro e saltano 5 mila posti stagionali

di Francesco Terreri

Quest’anno ogni trentino perderà in media 3.259 euro a causa della crisi scatenata dall’epidemia di Coronavirus. Il valore aggiunto per abitante, infatti, scenderà del 9,8%, passando dai 33.392 euro del 2019 a 30.133 euro. Il dato trentino è superiore alla media nazionale, che vede un calo di 2.484 euro per abitante pari al -9,7%, ma è inferiore alla contrazione di Bolzano, dove ogni persona perderà in media 4.058 euro con una diminuzione del 10%. Uno dei segnali più pesanti di questa recessione è la perdita di posti di lavoro. Nonostante il blocco dei licenziamenti, ora prorogato al 31 marzo 2021, quest’anno resteranno a casa almeno 5.300 lavoratori e lavoratrici tra precari non confermati e stagionali che sono riusciti a lavorare pochi mesi o nulla.

Il punto sui colpi della crisi a famiglie, lavoro e imprese è stato fatto dall’Ufficio studi della Cgia, l’Associazione Artigiani di Mestre, elaborando dati Istat e Prometeia. Gli artigiani mestrini tengono a precisare che i dati emersi in questa elaborazione sono sicuramente sottostimati. Aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono conto degli effetti economici negativi che deriveranno dagli ultimi decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) che sono stati introdotti in queste ultime due settimane. Peraltro, insieme alle restrizioni, stanno partendo anche i ristori alle attività produttive (vedi sotto).
Secondo la Cgia, il prodotto interno lordo della nostra regione scenderà nel 2020 del 9,5%, ritornando al livello del 2009, perdendo cioè 11 anni. In questo, se non altro, stiamo meglio delle altre aree del Paese. Nel Nord Est nel suo complesso si tornerà indietro di 20 anni, mentre le regioni del Mezzogiorno, nonostante una caduta di Pil inferiore in valore assoluto, si ritroveranno ai livelli di 31 anni fa. Il calo di Pil nazionale dovrebbe attestarsi sul 9,7%, riportando l’Italia al prodotto interno lordo del 1998, cioè 22 anni fa.
La preoccupazione principale, sottolinea la Cgia, riguarda la tenuta occupazionale. Se nei prossimi mesi il numero dei disoccupati fosse destinato ad aumentare a vista d’occhio, la tenuta sociale del Paese sarebbe a forte rischio. Grazie all’introduzione del blocco dei licenziamenti, quest’anno gli occupati scenderanno a livello nazionale solo, si fa per dire, di 474mila unità, un dato negativo che sarebbe stato molto peggiore senza la misura del governo, fortemente sollecitata dai sindacati.
Tuttavia, anche con lo stop ai licenziamenti, quest’anno migliaia di lavoratori e lavoratrici trentine non andranno solo in cassa integrazione, perderanno proprio il posto. A metà anno, secondo l’Istat, si contavano 6.300 occupati in meno, dai 239.500 di metà 2019 a 233.200. Il calo era più forte tra i lavoratori dipendenti, che perdevano oltre 7.300 posti, mentre gli indipendenti ne guadagnavano più di 1.000 grazie a industria e costruzioni, queste ultime già trainate dalla prospettiva del superbonus. Nel trimestre successivo, cioè nei mesi estivi, c’è stato un miglioramento, ma ora si registra una nuova contrazione. Da qui la stima di almeno 5.300 posti persi a fine anno. Parliamo soprattutto di stagionali del turismo e di precari del terziario ma anche dell’industria (l’Adige del 29 ottobre). Il dato finale però potrebbe essere peggiore: secondo l’ultimo bollettino Excelsior di Unioncamere, in Trentino tra ottobre e dicembre le assunzioni delle imprese saranno del 25% inferiori allo stesso periodo del 2019.

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