Tredicesime più magre di 30 milioni La cassa integrazione taglia la gratifica
In questi giorni comincia ad arrivare sul conto corrente di 140mila pensionati trentini. Entro qualche settimana ne beneficeranno 190mila lavoratori e lavoratrici dipendenti privati e pubblici. Quest'anno però la tredicesima mensilità sarà più magra, in media di un 9% secondo i calcoli dell'Ufficio studi della Cgia, l'Associazione Artigiani di Mestre. Il motivo è che più di un terzo dei dipendenti è finito, per poco o per tanto, in cassa integrazione per la crisi Covid e questo abbassa il valore della gratifica. Invece dei soliti 330-340 milioni di euro di tredicesime al netto delle imposte, 450 milioni al lordo, quest'anno nella busta paga dei trentini ci saranno circa 300 milioni, almeno 30 milioni in meno. Con la riduzione della disponibilità di soldi, gli acquisti di Natale rischiano di subire una contrazione del 15%.
Quest'anno in Italia la tredicesima arriverà nei portafogli di 16 milioni di pensionati e di 18 milioni di lavoratori dipendenti, per un importo complessivo di 40 miliardi lordi e 30 netti, 3 miliardi in meno rispetto alla somma pagata l'anno scorso. Il fisco, dal canto suo, incasserà oltre 10 miliardi. «Il Covid - spiega il coordinatore dell'Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo - purtroppo ha alleggerito le tredicesime di tanti dipendenti del settore privato. Dall'inizio dell'emergenza, infatti, almeno 6,6 milioni di lavoratori sono finiti in cassa integrazione e molti di questi a zero ore. Questa situazione non ha consentito a tante persone di maturare il rateo mensile che definisce economicamente la gratifica, alleggerendone quindi l'importo finale di circa 100 euro per ogni mese di indennità ricevuta».
«Con meno soldi a disposizione e tanta sfiducia che assilla le famiglie italiane - prosegue Zabeo - gli acquisti di Natale rischiano di subire una contrazione fino al 15%. Se l'anno scorso la spesa complessiva ha sfiorato i 10 miliardi, quest'anno potrebbe scendere a 8,5-9 miliardi, una riduzione che rischia di penalizzare soprattutto le botteghe artigiane e i negozi di vicinato che faticano a reggere la concorrenza sempre più spietata del commercio on line».
«Con l'aumento dei risparmi privati e la caduta verticale dei consumi delle famiglie - segnala il segretario Renato Mason - il Paese sta scivolando pericolosamente verso la deflazione. Dallo scorso mese di maggio, infatti, l'indice dei prezzi al consumo è negativo. Apparentemente la cosa può sembrare positiva: se i prezzi scendono, i consumatori ci guadagnano. Nella realtà le cose assumono una dimensione completamente diversa: nonostante i prezzi siano in calo, le famiglie non acquistano a causa delle minori disponibilità economiche e delle aspettative negative, quel poco che viene venduto comporta, per i negozianti, margini di guadagno sempre più contenuti. La merce invenduta innesca una situazione di difficoltà per i commercianti, ma anche per le imprese manifatturiere che, a fronte delle mancate vendite, sono costrette a ridurre la produzione e in prospettiva anche l'occupazione».