Pandemia / Il tema

Manzana (Confindustria): «Spesa per i tamponi a carico delle imprese? No, chi vuole lavorare se li paghi»

Green pass, il numero uno degli industriali trentini fa il punto in vista del 15 ottobre, quando scatterò l'obbligo: i lavoratori non in regola saranno una percentuale più vicina al 10% che al 30% del totale

 

di Giorgio Lacchin

TRENTO. I sindacati sostengono che dal 15 ottobre qualche impresa rischierà il blocco produttivo per l'assenza sul posto di lavoro dei dipendenti privi di green pass, ma Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento, non è così pessimista.

«Nessuno ha potuto verificare», esordisce. «Nessuno è in grado di calcolare quanti lavoratori mancheranno. Il dato è riservato. Però sono assolutamente convinto che le nostre imprese gestiranno bene questa situazione».

Negli ultimi tempi, prosegue Manzana, «abbiamo assistito a un incremento significativo nella somministrazione delle prime dosi. Forse qualcuno non arriverà al 15 ottobre puntualmente "coperto", dunque non avrà il green pass. Normale, quindi, ci sia un po' di fremito, se posso dir così. Ma trovo corretto che il Governo abbia fissato una data e non l'abbia modificata. Perché queste sono le decisioni da assumere. Lo si è detto un mese fa, in maniera forte, in modo ci fosse il tempo di vaccinarsi. Insomma: sono convinto non ci saranno tutti questi problemi nella gestione della situazione».

A chi stima tra il 10 e il 30% la percentuale di lavoratori senza certificato verde, il presidente di Confindustria Trento risponde che «siamo decisamente nella fascia più bassa», cioè «molto più vicini al 10 che al 30%».

E ai sindacati che chiedono alle imprese di pagare i tamponi, Manzana risponde a muso duro: «Assolutamente no», e se non fosse chiaro lo ripete: «Assolutamente negativo. È una questione di principio, non di costo: se per principio un lavoratore non fa il vaccino, per principio non si può aderire alla richiesta. Rammento che se ci si dovesse incamminare su quella strada potremmo trovarci in situazioni strane.

La posizione di Confindustria, dunque, è di non aderire a questo tipo di richiesta. Singolare, peraltro, che i sindacati la avanzino, visto che hanno dichiarato di essere favorevoli al vaccino. Perché questa richiesta, allora? Io dico che se uno vuole lavorare, si paghi il suo tampone».

Manzana non stigmatizza le imprese che stanno valutando di venire incontro ai lavoratori pagando i tamponi, «ma non mi pare una soluzione che possa protrarsi nel tempo».

In vista del 15 ottobre «non c'è un settore produttivo più a rischio di altri», prosegue il presidente di Confindustria Trento.

«Talune funzioni, casomai: dove ci sia un solo soggetto all'opera, o siano in pochi. Ma in brevissimo tempo supereremo le difficoltà. Non possiamo permetterci di non cogliere il momento favorevole. La ripresa non può schiantarsi sullo scoglio di un principio. Non si può accettare qualcosa di antiscientifico.

Appare chiaro che il vaccino ha ridotto i decessi e le terapie intensive con percentuali che sfiorano il 100%.

Questa è la strada».Manzana cancella anche l'eventualità di una difficoltà nel controllo dei green pass da parte del datore di lavoro: «Ci sono alcune situazioni specifiche: le imprese in cui si lavora su più turni, di notte, o dove si parte all'alba. Ma per queste imprese non è obbligatorio il controllo a inizio turno: "preferibilmente" prima, ma non obbligatoriamente. Perciò ritengo che anche questi casi saranno ben gestiti.

Ricordo, tra l'altro, che tutti i protocolli restano in piedi. E non viene meno neppure lo smart working: non per favorire i non vaccinati ma per applicare nuovi modelli organizzativi».

Alcune imprese hanno messo in atto strategie per prevenire il rischio del blocco della produzione, annullando le ferie ai dipendenti per il mese di ottobre (arrivano segnalazioni da Trento, Riva del Garda e Arco).

«Credo abbiano agito per prudenza, intervenendo su situazioni rapidamente critiche come il controllo e il governo di processi di linea che devono essere "in continuo"».

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