Per mangiare una famiglia arriva a spendere mille euro in più all’anno
Dopo l'energia (+42,7 per cento a Trento in un anno), trasporti (+9,4%) e alimentazione (+11,4%) sono le voci di spesa per le famiglie che nell'ultimo periodo sono maggiormente aumentate
TRENTO. Dei 2.722 euro in più che una famiglia media trentina negli ultimi 12 mesi paga rispetto all'anno precedente a seguito dell'impennata dell'inflazione al 10,4 per cento, circa mille euro se ne vanno per il cibo. Lo si può desumere dall'indagine condotta dall'Unione Nazionale Consumatori sui dati pubblicati dall'Istat.
Le rilevazioni dicono che una coppia - a parità di condizioni - avrà un esborso di 660 euro in più su base annua, che salgono a circa 812 se c'è anche un figlio e a 900 se i pargoli sono due. Si raggiungono quasi i 1.100 euro se la famiglia è composta da 5 persone.
Dopo l'energia (+42,7 per cento a Trento in un anno), trasporti (+9,4%) e alimentazione (+11,4%) sono le voci di spesa per le famiglie che nell'ultimo periodo sono maggiormente aumentate. «Ma attenzione a dare tutte le colpe ai produttori alimentari» interviene Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige.
«Quando vediamo aumenti in doppia cifra per olio, burro ma anche frutta e verdura non dobbiamo pensare che sia tutto a vantaggio dei produttori, anzi». Secondo Barbacovi bisogna sempre distinguere tra l'aumento dei costi della produzione e quelli della distribuzione. «Per quanto ci riguarda abbiamo avuto incrementi di costi dal 5 al 12 per cento massimo - spiega -. La parte restante, che in molti casi è addirittura preponderante riguarda intermediari, logistica, trasporto che impattano sulla distribuzione. Sono tutti soldi che "si perdono" sia per noi che per il consumatore finale».
Ma quali sono i prodotti alimentari che nel corso dell'ultimo anno hanno subito i rincari maggiori? In tutte le classifiche - tanto quelle di Coldiretti che dell'Unione Consumatori - tra tutti svetta l'olio alimentare non di oliva, con un aumento di prezzo attorno al 60 per cento. «Gli oli di semi, soprattutto quello di girasole, - è la spiegazione di Coldiretti - risentono della guerra in Ucraina che è uno dei principali produttori».
La minor produzione dell'ultima annata per gli ovvi disagi dei contadini di Kyiv unita alle difficoltà di far arrivare il prodotto in Europa occidentale ha determinato un impatto impensabile sul prezzo finale. Al secondo posto come percentuale c'è il burro con il 38,1 per cento. Un rincaro spiegabile con l'aumento di prezzi che il settore zootecnico ha dovuto subire sia per quanto riguarda il foraggio che per la componente di energia degli allevamenti. Al terzo posto il riso, con una crescita del prezzo di quasi il 27 per cento «spinto anche dal crollo della produzione nazionale a causa della siccità» rileva Coldiretti.
A seguire la margarina (+26,4 per cento), poi la pasta (secca e fresca) con +24,6%, il latte conservato (+24,4%), la farina (+24,2%). In ottava posizione vegetali come melanzane e zucchine (+21,4%), poi i cavoli, «da cui - dice l'Unione Consumatori - è meglio stare alla larga, dato che rincarano del 19,6 per cento sullo scorso anno, ma che hanno il record per i rialzi mensili con un +14,1%». Chiudono la top ten i formaggi freschi (+19,3%). «I vegetali freschi - continua invece la Coldiretti - aumentano del 16,7 per cento e la frutta del 7,9 per cento a causa della minore produzione per via della siccità e del caldo anomalo con effetti negativi sui consumi». A causa dei rincari più di un italiano su due taglia la spesa nel carrello secondo i risultati dell'indagine condotta sul sito www.coldiretti.it dalla quale si evidenzia che un altro 18 per cento di cittadini dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un 31 per cento di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa.