Il riscatto sociale diventa moda: anche a Verona i pezzi unici di Redo realizzati in Trentino
L’avventura di Redo upcycling si arricchisce di un altro importante tassello: aperto oggi, 22 ottobre, il negozio nella città veneta. Zaini e borse fatti a mano, con l’obiettivo di valorizzare le competenze, la creatività e la voglia di riscatto di lavoratori fragili
TRENTO. Un esempio. Una bella storia. Un modello di innovazione, riscatto sociale, attenzione all’ambiente.
L’avventura di Redo upcycling si arricchisce da oggi di un altro importante tassello, con l’inaugurazione ufficiale del nuovo negozio, e primo fuori dai confini provinciali, a Verona (via Cairoli, a pochi metri da piazza delle Erbe).
E non si tratta solo di una questione commerciale, degli zaini e della borse fatte a mano, colorate e amatissime da persone di ogni età. Perché dietro a ogni singolo pezzo prodotto c’è una storia: ci sono persone che hanno sofferto, che magari hanno sbagliato, che hanno un problema, ma che grazie a Redo e alla Cooperativa Alpi hanno potuto e saputo riscattarsi.
«Nel 2014, quando abbiamo avviato il progetto, eravamo in 2. Oggi abbiamo 35 dipendenti. Ma oltre ai posti di lavoro la vera vittoria sono tutte quelle persone che grazie alla cooperativa hanno potuto poi uscire e ricostruirsi una vita, stabilizzandosi o ricongiungendosi con la propria famiglia. Ora abbiamo la nuova sfida di Verona, che rappresenta un sogno che si realizza».
A parlare è Martino Orler, responsabile di Redo, ma da poco più di un anno anche presidente di Asis dopo la nomina da parte della giunta comunale. Il progetto (“ri fare”, dall’inglese) è nato appunto otto anni fa, con la creazione di un marchio di accessori moda. Ma non era e non è una semplice impresa: il processo produttivo è attento all’ambiente, visto che ogni prodotto viene realizzato con materiale di recupero, fondi di magazzino, banner pubblicitari e tessuti inutilizzati. Il tutto viene trasformato interamente in Trentino - non all’estero, dove la manodopera e i costi sarebbero minori - con l’obiettivo di valorizzare le competenze, la creatività e la voglia di riscatto di lavoratori fragili.
«Da sempre la Coop Alpi lavora per conto terzi nelle industrie, un ambito che si “sposa” con la psichiatria e la salute mentale. Ma negli anni abbiamo dato lavoro a persone con fragilità di ogni tipo, dalle dipendenze - gioco o droghe - alle vittime di violenza, dai richiedenti asilo a chi era stato in carcere. Hanno lavorato tutti fianco a fianco, abbiamo saputo fare coesistere tanti bisogni in un unico progetto, che ha avuto e sta avendo un grande successo. Una leva forte e importante è rappresentata dal prodotto finale che va sul mercato: i lavoratori vedono concretamente le loro creazioni sulle spalle o sul braccio dei trentini (e non solo) che passeggiano in piazza Duomo e questo è molto bello e importante».
Il lavoro è complesso, perché non si tratta solamente di cucire. «Ci occupiamo di tutta la filiera, dal recupero dei tessuti al taglio, dagli abbinamenti di colori all’assemblaggio fino al controllo qualità. E poi la vendita: abbiamo lo shop online, i negozi a Trento sud e a Rovereto e ora quello a Verona. Una ragazza che lavorava da noi a Trento ha accettato la sfida e si trasferirà in Veneto per gestire il negozio, il primo vero e proprio monomarca “staccato” dai laboratori».
La scelta di Verona non è stata fatta a caso. «Ci pensavamo prima del Covid: uno degli obiettivi del progetto è raccontare chi siamo e veicolare i messaggi sociali e ambientali anche fuori dai confini provinciali. Abbiamo così fatto un’analisi di mercato e abbiamo chiesto aiuto all’Università, che tramite studi e ricerche scientifiche ci ha dato una top 3: Milano, Brescia e Verona, con quest’ultima al primo posto. Poi immobiliare.it e adesso ci siamo. C’è grande entusiasmo, è davvero un bel sogno che si realizza».