Trentino, industria in chiara ripresa ma la recessione sembra vicina
Studio della Cgil provinciale su 107 aziende: attualmente il 75% ha raggiunto livelli superiori a quelli del 2019, ma la crisi energetica e altri rincari addensano nubi scure sulle prospettive per il prossimo anno in un contesto di incertezza globale
TRENTO. Nemmeno il tempo per gioire del prodigioso rimbalzo avvenuto nel 2021 dopo il tonfo 2020 provocato dalla pandemia, che l'industria trentina - al pari dell'intera economia nazionale - rischia di infilarsi di nuovo nel tunnel della recessione.
Il timore di dover tornare a parlare di aumento della disoccupazione, aziende che chiudono e manovre anticongiunturali ha fatto capolino ieri alla presentazione dell'annuale analisi della Cgil sui dati di bilancio 2021 di 107 società e gruppi industriali trentine.
Il lavoro, al solito puntiglio e preciso di Franco Ischia, ha preso in considerazione 47 società metalmeccaniche, 17 chimiche, 7 tessili-abbigliamento, 15 del settore alimentare, 9 del settore cartario-poligrafico, 5 delle costruzioni, 7 gruppi o aziende di settori diversi.Il fatturato 2021 delle aziende prese a campione è salito del 23,8 per cento (contro un Pil su del 6,9 per cento) rispetto all'anno precedente e ha riguardato tutti i settori. A trarne maggiore giovamento il tessile (+30,4 per cento), il chimico (+28,6%) e il metalmeccanico (+27,8%), mentre alimentare (+12,7%) e costruzioni (+13,3%) sono cresciuti meno avendo risentito in maniera minore del lockdown della primavera 2020. In effetti - nota il curatore dell'indagine - va ricordato che nei dodici mesi precedenti tutti i settori, ad eccezione dell'alimentare, avevano subito un calo di vendite.
Rispetto al 2019 il 75 per cento delle aziende prese in esame ha fatto registrare fatturati superiori.Aumenta anche l'utile delle società del campione: da 162,5 a 279,3 milioni, pari al 4,2 per cento. Le più redditizie sono le aziende del settore meccanico (utile netto al 5,7% del fatturato) seguite dal chimico (5%) e dal cartario (4%). Solo 14 le aziende in perdita, di cui 5 nella meccanica e 3 nel tessile.Questo induce un margino operativo lordo che si riporta sui livelli del 2018 e 2019, al 5,5 per cento del fatturato.
I margini più alti li ottengono le aziende dove il valore aggiunto è maggiore, come il chimico (7,1%) e il meccanico (6,9%). Gli oneri finanziari ammontano allo 0,3 per cento del fatturato, in linea con gli anni precedenti. Il livello di capitalizzazione resta buono: il patrimonio netto delle imprese del campione è pari a 2,7 miliardi di euro pari al 41 per cento del fatturato (50,4% nel 2020) che le rende meno dipendenti dai prestiti del sistema bancario.Cala in proporzione il costo del lavoro: dal 15,4 per cento del fatturato al 13,8 proprio grazie alla ripresa delle vendite. Al top l'edilizia con il 19,2 per cento, seguita dal chimico (17,9%). Nel complesso l'occupazione è cresciuta del 2,9 per cento, anche se in meno della metà delle imprese del campione la forza lavoro è aumentata.«Dati senz'altro positivi - ha commentato il segretario della Cgil Andrea Grosselli - anche se, guardando alla situazione che si intravede oggi e che pare essere certa per i prossimi mesi, sembra di parlare di un'altra epoca».
Segnali negativi si sono già palesati: dall'aumento della richiesta di cassa integrazione (188mila ore a settembre 2022 contro le 33mila di 12 mesi precedenti) al raffreddamento del mercato del lavoro. «Questo significa riduzione della capacità di reddito delle famiglie proprio mentre i prezzi e le bollette vanno alle stelle. C'è un rischio concreto che migliaia di famiglie anche in Trentino scivolino in povertà. Proprio per questo è giusto che le imprese redistribuiscano anche ai lavoratori parte degli utili incassati nel 2021» dice Grosselli.