Impresa / Futuro

La visione di Lorenzo Delladio, il primo presidente di Confindustria «delle valli» con tante idee «rivoluzionarie»

Da ottobre prenderà il posto di Manzana. Linee guida? «Innovazione, internazionalizzazione, e soprattutto sostenibilità». Problemi a trovare personale? «Bisogna pagarli. E noi ad esempio gli diamo il pullman per andare e venire dal lavoro»

di Daniele Battistel

TRENTO. «Sarebbe stata la terza volta che dicevo no per seguire l'azienda. Ora che qui a Ziano ci siamo strutturati con il direttore generale Marcello Favagrossa e l'arrivo dei miei figli Giulia e Francesco ho dato la mia disponibilità». Da metà ottobre Lorenzo Delladio, presidente e amministratore delegato de La Sportiva, 69 anni, sarà il nuovo presidente di Confindustria Trento al posto di Fausto Manzana.

«Ho parlato in famiglia, siamo consci che questo impegno mi toglierà del tempo. Vorrà dire che farò qualche gara di rally e qualche uscita in montagna in meno».

Quale la motivazione che l'ha spinta ad accettare l'incarico?

«Restituire a Confindustria quello che ha dato a me è a mio padre nel corso degli anni. Parlo di spinta all'innovazione, coraggio, formazione, missioni all'estero. Sono cose che l'associazione fa già adesso e che io auspico di portare avanti ancora con più slancio. L'80 per cento delle associate sono piccole aziende, come lo eravamo noi allora».

Possiamo dire che innovazione e internazionalizzazione saranno le linee guida della sua presidenza?

«Sono parole in cui mi ritrovo, per il fatto che l'82 per cento del fatturato de La Sportiva viene dall'estero e perché abbiamo fatto dell'innovazione, di prodotto e di processo, il nostro credo aziendale. A questi due concetti ne aggiungerei un terzo».

Quale?

«Sostenibilità. Negli ultimi 5 anni l'abbiamo messa al centro delle nostre scelte, e questo ci ha premiato, soprattutto all'estero, dove la cultura della sostenibilità è percepita davvero appieno, soprattutto negli stati Uniti e nel Nord Europa, che sono i nostri principali mercati».

E l'Italia?

«C'è ancora da lavorare. Sta a noi portare questa cultura sia nelle nostre aziende sia al consumatore finale. Nel mio programma, che presenterò il 10 settembre assieme alla squadra, sarà ben specificato questo punto: spingere le aziende e aiutarle a portare avanti il concetto di sostenibilità. Ma non a parole, bensì con fatti e azioni concrete».

Nella storia di Confindustria Trento lei sarà il primo presidente non di Trento o di Rovereto.

«Sarò un presidente che arriva dalle valli. Io penso che tantissimi imprenditori si siano riconosciuti nella mia figura, quella del titolare di un'azienda decentrata, sorta a mille metri di altitudine, che sta provando ad avere successo nel mondo. Credo che ciò faccia un'impressione positiva, ma soprattutto sia un'azione da traino nei confronti delle realtà più piccole. Ci sarà un occhio di riguardo per le problematiche che hanno tutti gli imprenditori di valle, a partire dalla logistica. In azienda abbiamo calcolato che abbiamo 24 ore di ritardo rispetto alla concorrenza e non sapete che sforzi dobbiamo fare per recuperarle, in termini di costi e servizi».

Perché non delocalizzare?

«Perché vogliamo rimanere nelle nostre valli. Perché qui siamo radicati. Perché abbiamo senso di appartenenza al territorio. Tutto questo ha comunque anche risvolti positivi: pensare prodotti per la montagna in montagna è un vantaggio competitivo non indifferente: il nostro gruppo di ricerca è positivamente influenzato dall'ambiente che ci circonda».

È un problema attrarre la manodopera?

«È un problema che hanno tante imprese, quelle delle valli in maniera ancora più rilevante. È un tema delicato che si può provare a risolvere in due modi. Il primo è quello dell'abitazione, attualmente non facile da trovare. La proposta di trasformare gli alberghi dismessi in foresterie per i dipendenti da fuori è molto buona. Io mi sono speso fin dall'inizio per sostenerla e spero che, con qualche modifica, la legge approvata possa dare una risposta a questa esigenza. Credo che potrebbe essere una soluzione importante per le aziende, ma anche per gli insegnanti fuori sede, per il personale delle forze dell'ordine. Anche questa è attrattività del territorio».

Qual è l'altra strada per trovare personale?

«Dare risposte adeguate a livello economico. Noi abbiamo raddoppiato il premio di risultato e contrattato un sistema di welfare aziendale importante, che prevede tra il resto, la giornata corta con uscita alle 16.30 e il trasporto casa-lavoro tramite pullman aziendali, sia verso la valle di Fassa che per Trento. Ai nostri dipendenti abbiamo mostrato il calcolo di quanto possono risparmiare nel venire a lavorare con il bus aziendale anziché con il mezzo privato e in tanti hanno capito la convenienza».

Un modello da esportare.

«Stiamo facendo una prova. Al termine porterò i risultati alla politica per dimostrare che sarebbe un vantaggio per tutti: per le tasche dei lavoratori, per l'ambiente, il traffico. Questa è la vera sostenibilità! Sono cose che vanno spiegate, ma poi la gente è ricettiva: un buon segnale. Tra il resto è un azione che rientrerà nel nostro bilancio di sostenibilità, ormai giunto alla quarta edizione».

A proposito, quanti dipendenti conta la sua azienda?

«Come gruppo siamo oltre 700. Qui a Ziano su 34mila metri quadrati di stabilimento siamo 513, di cui 264 operai (176 donne), 219 impiegati ed intermedi. L'anno scorso abbiamo acquisito la Meet Italia di Volpago del Montello con 187 dipendenti. Poi abbiamo una cinquantina di collaboratori in giro per il mondo nei nostri 14 negozi».

La sua non è l'unica realtà industriale di alto livello che ha sede in valle di Fiemme? Si è chiesto il motivo?

«Ci abbiamo fatto anche una conferenza alla Bocconi qualche tempo fa! Credo che il segreto sia il fatto che da noi non c'è la "monocoltura". Tra imprenditori della valle ci si trova in occasioni informali - magari una cena, magari una camminata in montagna o una giornata sugli sci - e si parla di tutto. Anzi, non essendo concorrenti si parla di tutto ancora più apertamente e si scopre che certi problemi sono uguali per tutti, sia che si vendano scarpette d'arrampicata sia che si venda pasta. Anche in questo senso, da presidente di Confindustria cercherò di fare tesoro di questa mia esperienza provando a costruire reti informali tra gli associati».

Parliamo della sua azienda. La Sportiva è leader al mondo nella produzione di scarpette per l'arrampicata, ma anche nell'attrezzatura per lo sci alpinismo e nell'abbigliamento sportivo.

«Nel 2023, per la prima volta da anni il fatturato è leggermente diminuito: 209 milioni contro i 216 del 2022. Questo comunque non ci farà virare rispetto ai piani di investimento programmati».

Cosa prevedono?

«Si tratta dell'ampliamento del capannone. Un lavoro da 21 milioni di euro per allargare lo spazio di produzione, mentre sotto faremo un parcheggio interrato da 100 posti e ai piani alti uffici e sale riunioni, anche in previsione di assumere nuove persone. Si tratta di un investimento importante ma credo che un imprenditore debba guardare lontano. Tra il resto si tratta di un ampliamento senza intaccare terreni verdi visto che si tratta dell'area attigua alla segheria. Credo che anche questo sia dimostrare concretamente la sostenibilità».

Accennava all'aumento del personale. Che figure cercate?

«In questi anni l'azienda è cresciuta molto dal punto di vista della produzione, meno in termini di digitalizzazione. Ora stiamo provando a recuperare il tempo perso, quindi cerchiamo ingegneri e tecnici informatici, ma non solo».

Torniamo un attimo al bilancio. La redditività resta buona?

«Leggermente in calo, ma in questo momento per noi è fondamentale mantenere le quote di mercato. Lo reputo comunque un bilancio positivo, non solo rispetto alla concorrenza, ma anche in un contesto internazionale difficile. A noi, per esempio, mancano tutte le vendite in Russia».

Per l'embargo?

«No, per scelta personale. Non me la sentivo di mandare scarponi che poi potevano finire impiegati in guerra».

Virando su argomenti più leggeri, in queste ore siete protagonisti alle Olimpiadi.

«La nazionale italiana di arrampicata è marchiata La Sportiva e oltre l'80 per cento degli atleti partecipanti alle prove olimpiche della disciplina hanno le nostre scarpette. Questi sono i primi Giochi in cui l'arrampicata è presente con tutte le specialità, mentre a Tokyo c'era stata una premiazione unica, vinta da un atleta che aveva le nostre scarpette».

Stavolta allora sarà una pioggia di medaglie?

«Speriamo di sì. Noi a Parigi siamo presenti, oltre che con il nostro negozio monomarca, con "Casa La Sportiva" vicino allo stadio dell'arrampicata. Lì ospitiamo appassionati e atleti per autografi e selfie. È presente anche mio figlio per presentare la storia delle scarpette d'arrampicata».

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