Uva in Trentino, al via una vendemmia ridotta
I tecnici della Fem stimano una produzione inferiore tra i 150 e i 200mila quintali rispetto all'anno scorso. Il presidente degli enologi trentini Goffredo Pasolli: «Dati sotto la media storica, ma con una qualità piuttosto buona nonostante l'annata non facile»
TRENTO. Il dato ufficiale si avrà dal Consorzio Vini soltanto ad "incantinamento" terminato, dunque non prima della metà di ottobre, ma le previsioni della vigilia (di solito abbastanza precise) ci sono già: la produzione trentina di uva quest'anno dovrebbe calare tra i 150 e i 200mila quintali.
Si stima una vendemmia tra il milione e il milione e 50mila quintali, rispetto a 1,240 milioni di quintali del 2023. Il dato è emerso durante la tradizionale "Giornata prevendemmiale" organizzata a San Michele all'Adige dalla sezione provinciale di Assoenologi in collaborazione con la Fondazione Edmund Mach.
«L'occasione - spiega il presidente degli enologi trentini Goffredo Pasolli - per fare il punto della situazione con i tecnici del settore, riassumendo in poche schede l'andamento climatico dell'annata, il susseguirsi delle fasi fenologiche e le principali tappe della stagione alla vigilia dell'avvio della vendemmia».
In realtà, alle quote più basse forbici e imbuti sono già all'opera da mercoledì scorso, come testimonia una nota della casa spumantistica Ferrari.
«La data non si discosta molto da quella dello scorso anno, ma si prevede una resa sensibilmente più bassa rispetto al 2023, pur con un buon livello qualitativo. La vendemmia inizierà come sempre dai vigneti di Chardonnay più a bassa quota per poi proseguire, in un mese circa, fino alle vigne più alte, sia di Chardonnay che di Pinot Nero».
«Dopo le vendemmie anticipate degli ultimissimi anni, siamo tornati nelle media: il grosso della vendemmia per la base spumante non comincerà prima della prossima settimana, poi toccherà al Pinot grigio» puntualizza Pasolli, parlando di una «produzione sotto la media storica, ma con una qualità piuttosto buona nonostante l'annata non facile».
«Il problema - spiega il direttore del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach Maurizio Bottura - sono state le gelate primaverili e le condizioni climatiche con le continue piogge di giugno durante la fioritura che hanno originato la filatura (trasformazione dei grappoli in viticci poco produttivi, ndr) e un po' di acinellatura (l'acino rimane piccolo, ndr), oltre a malattie come la peronospora». Secondo le statistiche del Gruppo Ferrari il 2024 è stato caratterizzato da precipitazioni record, battendo il primato registrato nel 1926 nei soli primi sei mesi dell'anno. Le frequenti piogge hanno comportato il rischio di malattie fungine.
«La nota positiva - aggiunge Bottura facendo tutti gli scongiuri del caso per le prossime settimane - è che non ci sono state grandinate importanti, a parte qualche rarissima eccezione in zone ben delimitate. Il caldo non eccessivo con una buona escursione termica ha favorito l'acidità dell'uva che è l'elemento fondamentale per le basi spumante».
Visto da un altro punto di vista, il calo della produzione - che interesserà soprattutto il Sud Italia per via della siccità (specialmente in Sicilia) - potrebbe avere effetti positivi sulle giacenze di vino che, complice un a flessione del consumo mondiale che sfiora il 10 per cento, sono in aumento.
«Il problema - spiega Pasolli - riguarda certamente l'Italia, ma in misura modesta il Trentino, dove c'è una grande produzione di spumante e vino bianco, ovvero prodotti di alta qualità che soffrono meno dal punto di vista commerciale».«Più che un tema di consumo in calo - aggiunge il presidente di Assoenologi, che è anche vicepresidente del Consorzio vini - la preoccupazione è per la situazione di incertezza generale con i problemi geopolitici, gli embarghi e le difficoltà di trasporto che non favoriscono il commercio».