A22, la concorrenza: anche Autostrade per l'Italia vuole la concessione
Il colosso nazionale annuncia un'offerta e può vantare una forza economica dieci volte più grande, qui invece ci si sarebbe fidati troppo della "vicinanza" di Salvini: Kompatscher "irritato"
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CONTRATTO Chi vince la gara deve investire 9 miliardi
TRENTO. Autostrada del Brennero: la sensazione forte è che la frittata è fatta. Ogni giorno che passa arrivano elementi che convergono a completare un puzzle da cui l'A22 è esclusa. L'ultimo colpo, in ordine di tempo, arriva da Autostrade per l'Italia che dopo aver fatto ricorso al Tar del Lazio sta valutando la partecipazione al bando per la concessione autostradale dell'Autobrennero.
I termini scadono tra due settimane, il 28 febbraio. L'1 marzo si aprono le buste e ci potrebbero essere amare sorprese per il management di A22, perché il diritto di prelazione è ampiamente contestato innanzitutto proprio da Aspi, Autostrade per l'Italia, che in una manovra a tenaglia sul merito giorni fa ha presentato anche il ricorso al Tar del Lazio.
La partita è gigantesca, da dieci miliardi di euro, ma complessivamente la concessione della durata di 50 anni viene stimata in oltre 31 miliardi. E nel bando è stata messa una prima zeppa ad A22 perché è stata richiesto ai partecipanti un fatturato di oltre un miliardo di euro negli ultimi 5 anni. Cosa questa che ha costretto A22, in maniera un po' pasticciata, a cercare aiuto per creare un consorzio ad Alperia, a Dolomiti energia, che a giorni dovrà tenere il suo Consiglio d'amministrazione per deliberare l'operazione, che ovviamente non è detto che possa arrivare in porto. Si unirebbe anche la parmense Pizzarotti che però in questo momento sta vivendo un momento di difficoltà finanziarie.
La discesa in campo di Autostrade per l'Italia rovescia il tavolo, perché la forza della società è evidente: vale oltre dieci volte l'A22 in termini di fatturato. È forte in termini di struttura, di fatturato, di prospettive, può permettersi di pagare il fondo per le opere territoriali approntato da A22 per lavori già programmati per i prossimi anni. Insomma, è un elefante che ha in dote molte, moltissime risorse, intese come miliardi di euro.
Ma la vera domanda da porsi è: come ha fatto A22 a infilarsi in questo "cul de sac"? È evidente che ci si è fidati troppo dei buoni rapporti (che forse tali non erano) tra le giunte provinciali di Trento e Bolzano e il ministro e capo della Lega delle infrastrutture Matteo Salvini. Evidentemente non bastava, perché a rileggere il bando del ministro, A22 non ha davanti una autostrada, ma una via piena di buche.
L'errore, secondo i critici, è stato commesso anni fa, quando si decise di non fare una società in house, cioè una controllata pubblica, che non ha obblighi di mercato. A differenza di quello che hanno fatto altri governatori leghisti, come Fedriga in Friuli e Zaia in Veneto.
Dopo gli entusiasmi fuori luogo di qualche settimana fa a Salorno, i rumor dicono che il presidente altoatesino Arno Kompatscher sarebbe profondamente irritato e vorrebbe un cambio della governance e l'applicazione di patti mai resi noti, ma esistenti, per cui Trento e Bolzano si scambiano il presidente e l'amministratore delegato. Così Diego Cattoni, in calo nel borsino di Kompatscher, lascerebbe il posto e quello di presidente, occupato dall'altoatesino Hartmann Reichhalte andrebbe al trentino Walter Kaswalder che già fece parte di un Cda anni fa.
Kaswalder lascerebbe il consiglio provinciale al primo dei non eletti del Patt, Lorenzo Ossanna, più allineato al presidente Maurizio Fugatti. Certo se A22 continuasse a esistere. Altrimenti saranno fuori gioco tutti, ma soprattutto i territori che non avranno più ricadute da una delle, poche ormai, società regionali.