Allevi il 17 marzo a Trento: «Al pianoforte la mia energia esplode»

di Fabio De Santi

«La musica mi spaventa, soprattutto quando ad attendermi c’è solo un pianoforte». Lo confessa in questa intervista Giovanni Allevi, che torna a Trento con il suo Piano solo tour il 17 marzo all’Auditorium S. Chiara. Un concerto in cui il compositore marchigiano alternerà le atmosfere seducenti delle ultime composizioni ai brani più celebri della sua ormai ventennale carriera.

Allevi, le forme del concerto?

«Nel mio cuore, nella mia anima, si agita una inquietudine di fondo, una energia inespressa, fatta di disperazione, gioia, ebbrezza, passione. Tutto esplode sul palco grazie al pianoforte. Non so cosa sia il mio concerto, è davvero assurdo: sembra più una seduta di ipnosi collettiva».

Quanto la diverte un concerto in solitudine?

«La musica mi spaventa, soprattutto quando ad attendermi c’è solo un pianoforte. Eppure, per una qualche dinamica paradossale, il mio concerto risulta divertentissimo, forse perché la tensione è portata ai massimi livelli, e basta un nulla per scatenare una risata».

Da enfant terrible della musica classica contemporanea a star del pianoforte a livello internazionale: come ha vissuto questo cambio di prospettiva?

«Tutto avrei immaginato meno di diventare una star. Credo sia avvenuta una proiezione collettiva, cioè tutti hanno riconosciuto in me una parte di sè, magari inespressa, sia i sostenitori che i detrattori. È una assurdità alla quale ancora non riesco ad abituarmi».

Cosa le piace maggiormente della popolarità?

«Guardare negli occhi gli sconosciuti, e scorgere l’abisso».

E qual è l’aspetto che, diciamo, la spaventa di più?

«Assolutamente nulla. Mi spaventa maggiormente quello che sento dentro, una specie di aggressività repressa, o un infinito senso di nostalgia, non so per che cosa. Forse un mondo perduto in una vita passata. Davanti al pianoforte tutto questo riemerge».

Come è nato il suo ultimo album “Hope”?

«Attraverso un lavoro durato tre anni, ho cercato di rivolgere lo sguardo verso l’alto, verso il sacro, proprio mentre la società ed il mondo vanno sempre più verso il disincanto e la semplificazione estrema. Io credo che la nostra vera natura sia angelica».

Il remix sperimentale “The answer of love” in una versione Edm realizzata con Kharfi: un esperimento che ha stupito molti.

«Kharfi è un ragazzo di grande talento, e si approccia all’elettronica con la stessa maniacalità con cui mi rivolgo alla musica sinfonica. L’incontro tra l’Edm e la polifonia vocale appare alle mie orecchie come qualcosa di totalmente nuovo. Il risultato soddisfa la mia esigenza di felicità».

Lei ha portato le sue note in tutto il mondo, specie in Oriente: la spaventa quello che sta succedendo in Cina anche per le limitazioni ai viaggi?

«Sono stato negli anni passati in tour in Oriente quando ancora c’erano i focolai della Sars. Non mi sono spaventato allora, e non lo farò neanche adesso. Stasera andrò in un ristorante cinese. I cinesi sono persone meravigliose: hanno una dolcezza nel cuore ed una profondità culturale inimmaginabili. Non meritano minimamente di essere guardati con circospezione».

Cosa c’è nel suo 2020?

«Dopo il tour nei Paesi di area tedesca e qualche concerto in Italia, uscirò di scena, come un gatto si rintana sotto la credenza».

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