Avati, il cinema italiano si sta riprendendo
(ANSA) - ROMA, 03 OTT - "Ho la sensazione che il cinema italiano si sta riprendendo in modo straordinario per qualità e ambizione, c'è una nuova generazione di autori straordinari, ahimè li invidio e li odio". Lo dice con un sorriso Pupi Avati nel panel di cui è stato protagonista con Michela Andreozzi e Walter Veltroni, 'Quali Storie Per Il Cinema Italiano?' che ha aperto la seconda giornata di Sky 20 anni, evento organizzato dalla piattaforma digitale satellitare, in occasione del proprio ventennale, dal 2 al 4 ottobre dedicato all'attualità, al cinema, alle serie tv, all'intrattenimento, allo sport e all'impegno sociale con ospiti nazionali e internazionali, al Museo nazionale romano nelle Terme di Diocleziano di Roma. "Dopo alcuni decenni di commediole molto ripiegate su stesse con una panchina molto corta - aggiunge il cineasta - penso il cinema italiano sia tornato ad avere una dimensione qualitativa e autoriale molto forte". Giovani autori emergenti che "vengono tutti dalla parte bassa del Paese, perché li convivono l'Italia della tradizione e dell'oggi mentre nel centro e nord Italia quest'identità si è sbiadita, sono connotazioni molto difficili da ritrovare". Nel dopoguerra - osserva Walter Veltroni - il cinema italiano ha fatto leggenda con il neorealismo, poi si passò alla commedia all'italiana e una parte della critica pensò fosse un tradimento mentre era una prosecuzione del neorealismo con altri mezzi. Entrambi volevano portare il maggior numero possibile di significati al maggior pubblico possibile. Il cinema non si fa per gli addetti ai lavori o una parrocchietta ma per il pubblico anche con l'ambizione di portarlo a fare un passo più avanti". Rispetto ai temi che si trattano, "c'è anche un giovane cinema italiano che sa raccontare molto bene la precarietà dell'esistenza". Per Avati, che annuncia di voler fare un film in bianco e nero, non si dovrebbe pensare "a piacere solo a quell'amichetteria che determina ciò che si vede. C'è ad esempio una specie di diffidenza verso il genere, io invece li rivendico. Il cinema americano è un cinema di autori che fanno i generi, mentre il nostro è un cinema di autori che fanno gli autori . Fare film di genere mantenendo la propria identità vuole dire fare un prodotto interessante che arriva a un pubblico più vasto". Michela Andreozzi sottolinea che "il cinema bisogna prenderlo come una responsabilità, non è uno strumento per cambiare la società ma abbiamo la responsabilità di quello che facciamo rispetto alla società". Lei come cineasta vuole "far respirare chi vede. Penso che la nostra responsabilità sia mantenere giovane il pensiero ottimista". Avati, anche grazie alle masterclass di cinema che tiene con i ragazzi "so bene come i giovani siano perennemente scoraggiati da un'infinità di proposte in tv che tendono a dirci tutto il male possibile di questo Paese. Difficile chiedere loro in queste condizioni di rimettere in piedi i sogni che avevo io alla loro età". Il compito del cinema "è anche confortare o quantomeno fare una comparazione tra il passato e il presente: proprio a questo serve raccontare il passato". A volte il cinema evita di raccontare il presente "perché è molto coperto dalla tv - osserva Veltroni - In passato non era così, penso ad esempio ai film di Petri. Poi ci sono eccezioni come il film di Garrone che racconta il presente con forza e poesia". (ANSA).