Il calcio piange Suarez, architetto della Grande Inter
(ANSA) - MILANO, 09 LUG - "Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez". L'indicazione di Helenio Herrera ai giocatori dell'Inter era chiara: quando la palla scottava, doveva passare dai piedi di Luisito. L'architetto della Grande Inter vincente in Italia, in Europa e nel Mondo negli anni '60 è scomparso oggi a 88 anni, beffardamente nel giorno del compleanno di uno dei compagni che probabilmente più ha sfruttato le sue geometrie in nerazzurro, ovverosia il brasiliano Jair che oggi compie 83 anni. Giocatore di testa prima ancora che di piede, Suarez nella perfetta definizione dell'Inter è stato il "giocatore perfetto che, attraverso il suo talento, ha ispirato generazioni". Perché Luisito è stato uno dei primi registi moderni a centrocampo, nonché uno dei più grandi di sempre nel ruolo che poi è stato di big come Pirlo e Xavi, giusto per restare agli anni più recenti. Non solo, divenne anche uno dei primi grandi colpi di calciomercato. Classe 1935, Suarez esordì con il Deportivo La Coruna, squadra della sua città, prima di passare nel 1954 Barcellona, dove, con Helenio Herrera in panchina, ha conquistato due campionati spagnoli e una Coppa delle Fiere, oltre al Pallone d'oro nel 1960. Ma la sua cessione fece scalpore, perché nel 1961 passò all'Inter di Angelo Moratti che spese 300 milioni di lire per assicurarsi le geometrie del centrocampista. Per capire la portata, i blaugrana utilizzarono i proventi per completare la costruzione dello stadio Camp Nou. A Milano ritrovò Herrera, ma soprattutto divenne perno centrale di una squadra passata alla storia con la filastrocca che inizia con 'Sarti, Burgnich, Facchetti' e si conclude con 'Suarez e Corso'. Ma Suarez era molto di più di un numero 10, come spiegò lo stesso Herrera il giorno della presentazione: "Ha la velocità di Bicicli, il palleggio di Corso, la forza di Lindskog, il dribbling di Sivori, il tiro di Altafini". Un giocatore totale, che trascinò l'Inter a conquistare tre campionati, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, prima di chiudere la carriera da giocatore alla Sampdoria nel 1973. Appese le scarpette al chiodo, provò a trasmettere la sua idea di calcio anche da allenatore, guidando dalla panchina tra le altre Cagliari, Spal, Como e la nazionale spagnola, oltre all'Inter in tre diversi periodi: prima nel 1974/75 poi nel 1992 e infine per alcuni mesi nel 1995. Entrando, poi, anche nella dirigenza nerazzurra con l'arrivo di Massimo Moratti alla guida del club, in una ideale continuità con il padre Angelo, con ruoli da osservatore e dirigente: tra gli altri, firmò anche il colpo Ronaldo. "Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d'Italia, d'Europa, del Mondo", lo ha ricordato l'Inter in un lungo omaggio sul suo sito ufficiale. "Salutare Luisito ci lascia una malinconia profonda: la nostalgia del suo calcio perfetto e inimitabile, che di fatto ha ispirato generazioni, si unisce al ricordo di un calciatore unico e di un grande, grandissimo interista", ha concluso il club nerazzurro, con cordoglio arrivato anche tra le altre società da parte della Sampdoria. (ANSA).