Il Papa: no alle omelie lunghe, massimo 10 minuti
ROMA - "Predicare con l'unzione dello Spirito Santo significa trasmettere, insieme con le idee e la dottrina, la vita e la convinzione della nostra fede". Lo ha detto papa Francesco nell'udienza generale, che oggi ha dedicato a una riflessione sull'opera evangelizzatrice dello Spirito Santo, cioè sul suo ruolo nella predicazione della Chiesa. Il Pontefice ha avvertito che ci sono due condizioni per poter mettere in pratica la sua indicazione. "La prima cosa è la preghiera", ha affermato: "Guai a predicare senza pregare! Si diventa quelli che l'Apostolo Paolo definisce 'bronzi che rimbombano e cimbali che tintinnano' (cfr 1 Cor 13,1)".
"Dunque, la prima cosa che dipende da noi è pregare - ha proseguito -. La seconda è non volere predicare noi stessi, ma Gesù Signore". "Tante volte ci sono predicazioni lunghe, 20, 30 minuti - ha osservato il Papa 'a braccio' -. La predicazione deve contenere un'idea e un invito a fare, massimo otto-dieci minuti, per favore, oltre non si segue più. Alle volte vediamo gli uomini che durante la predica escono dalla chiesa per fumarsi una sigaretta, poi rientrano". "La predica dev'essere un'idea e una proposta di fare - ha ribadito -, e non andare oltre 10 minuti, no mai. È molto importante questo".
E secondo Francesco, "non volere predicare sé stessi implica anche non dare sempre la precedenza a iniziative pastorali promosse da noi e legate al proprio nome, ma collaborare volentieri, se richiesto, a iniziative comunitarie, o affidateci dall'obbedienza". Per quanto riguarda invece i contenuti, "la predicazione di Gesù e, in seguito, quella degli Apostoli, contiene anche tutti i doveri morali che scaturiscono dal Vangelo, a partire dai dieci comandamenti fino al comandamento 'nuovo' dell'amore".
"Ma se non si vuole ricadere nell'errore denunciato dall'apostolo Paolo di mettere la legge prima della grazia e le opere prima della fede - ha sottolineato -, è necessario ripartire sempre di nuovo dall'annuncio di ciò che Cristo ha fatto per noi". Per questo, ha aggiunto, "nell'Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho insistito tanto sulla prima delle due cose, cioè sul kerygma, o 'proclamazione', da cui dipende ogni applicazione morale".