Jacopo Fo, 'su Facebook non c'è libertà di parola per la pace'
(ANSA) - ROMA, 10 APR - "Da 6 mesi Facebook ha reso quasi invisibile la mia pagina. Sono così passato da 23,5 milioni di contatti al mese a meno di 200mila, cioè un crollo di più del 99%". Lo dice Jacopo Fo che il 10 aprile ha iniziato a protestare di fronte alla sede di Milano di Facebook. "Da solo, pacificamente, ho tentato di far valere i miei diritti con un cartello in mano. La mia colpa è aver sostenuto le idee di Papa Francesco: Hamas ha commesso un crimine uccidendo bambini israeliani, il governo israeliano ha fatto lo stesso uccidendo bambini palestinesi" sottolinea. "Quando dopo il 7 ottobre ho denunciato i crimini di Hamas non è successo niente. Quando ho denunciato i crimini del governo israeliano i miei contenuti sono stati immediatamente penalizzati e resi quasi invisibili" sottolinea Jacopo Fo. "Non sono il solo: sono migliaia i pacifisti italiani che hanno subito una punizione simile alla mia. Nessuno ha avuto da parte di Facebook qualche comunicazione, nessuno ha avuto la possibilità di controbattere che condannare la violenza contro civili inermi e bambini non è solo un diritto, è un obbligo morale. Facebook mette in pratica le sue condanne senza contraddittorio e senza comunicare nulla alle persone sanzionate. Facebook pretende di gestire il social in modo totalmente arbitrario soffocando la libertà di parola" è l'allarme lanciato da Fo. "Ma Facebook è un servizio pubblico e non può fregarsene delle leggi europee che sanciscono una protezione (anche se labile) del diritto degli utenti" aggiunge. E ricorda: "Il Digital Services Act europeo del 2023 prevede il diritto degli utenti a essere informati dei provvedimenti 'disciplinari' contro di loro. Prevede anche l'istituzione di un'authority alla quale sia possibile rivolgersi per contestazioni: è responsabilità dei singoli stati europei instituirla. L'Italia non lo ha ancora fatto (ma chi l'avrebbe mai detto?)". "La conclusione - incalza - è che la Costituzione italiana garantisce la libertà di parola ovunque tranne che sui social network. E i partiti su questo terreno, come su tanti altri diritti, non muovono un dito. Qualcuno potrà osservare che la mia protesta individuale e solitaria di fronte alla sede italiana di Facebook porterà a poco. Forse. Ma opporsi agli abusi è un imperativo morale assoluto". (ANSA).