Mastronardi, la mia Fracci forte e contemporanea
(di Gioia Giudici) (ANSA) - MILANO, 04 DIC - Non aveva mai indossato prima le scarpette da danza, ma quando le hanno proposto di interpretare Carla Fracci "la mia disponibilità è stata immediata" dice Alessandra Mastronardi, che veste i panni dell'etoile della Scala nel film 'Carla', in prima serata su Rai 1 il 5 dicembre. "Ogni scena che ho girato, ogni emozione che ho vissuto, l'ho dedicata a lei: il mio grande rammarico è che non sia riuscita a vedere il film, ma con la sua presenza mi ha fatto un enorme regalo" dice l'attrice, che prima e durante le riprese ha incontrato la grande ballerina, consulente del film insieme al marito Beppe Menegatti. "Quando le ho chiesto quale emozione voleva che trasmettessi con la mia interpretazione, - ricorda oggi - mi ha risposto decisa: "La forza"". Ed è proprio quella tenacia che traspare dal film "Carla", liberamente ispirato a 'Passo dopo passo', l'autobiografia dell'etoile, mancata lo scorso maggio. Larga parte della pellicola, diretta da Emanuele Imbucci, è stata girata alla Scala, dove tutto è nato, e che per la prima volta ha aperto le porte alle riprese di un film. E' qui che la piccola Carla, accompagnata dal papà tramviere, si fa riconoscere subito non solo per il suo talento e la sua grazia, ma per quella disciplina e forza di volontà che l'hanno portata a essere definita dal New York Times, nel 1981, la 'prima ballerina assoluta'. Un altro elemento su cui punta il film - passato anche al cinema lo scorso novembre - è l'assoluta modernità della Fracci. Lei, che era una delle danzatrici più famose al mondo, fece quella che per l'epoca nell'ambiente del balletto era una scelta rivoluzionaria: diventare madre. Nel 1969 nacque il figlio Francesco e un anno dopo Rudolf Nureyev - nel film interpretato da Leo Dussollier - la riportò sul palco della Scala per lo Schiaccianoci, di cui dovette imparare la coreografia in cinque giorni. "Non abbiamo fatto un 'santino' - sottolinea l'attrice napoletana - ma abbiamo voluto sottolineare la sua modernità nel rompere gli schemi, a quel tempo la maternità per una ballerina era un tabù e lei, anche in questo, è stata una pioniera del rispetto dell'essere donna". Dietro quella grazia e quella leggerezza, c'era un carattere forgiato dalla disciplina: "siamo abituati a vederla danzare sorridente sul palco, ma non abbiamo mai visto - racconta ancora l'attrice - le lacrime, le cadute, i piedi feriti, che noi abbiamo voluto mostrare per far capire quanto debbano tirare i tendini per diventare così leggeri sul palco". Tra tanti ricordi, la 35enne attrice - che ha avuto come controfigura Susanna Salvi, prima ballerina dell'opera di Roma - ne sceglie uno su tutti: "mentre ballavo sul palco lei era dietro le quinte, il contrario di ciò che era sempre stato. Poi tra un ciak e un altro lei, che non era mai salita sul palco della Scala senza danzare, iniziò a fare esercizi alla sbarra su un carrello degli attrezzisti". Per quanto riguarda la preparazione fisica per entrare nella parte "è stata un piccolo miracolo: abbiamo affrontato la prima parte in lockdown, con la coreografa che via zoom mi ha insegnato a camminare e stare diritta come una ballerina, peccato che, in mancanza di una sbarra, mi sia dovuta arrangiare - scherza Alessandra - con il mio ferro da stiro". (ANSA).