Melinda e il bavaglio agli amministratori

La lettera al direttore

Melinda e il bavaglio agli amministratori

Gentile direttore, ho letto l’articolo dal titolo «Melinda, bavaglio ai consiglieri» (l’Adige, 31 dicembre) sulle cronache di Val di Non e Sole. Premetto, non sono socia e non ho alcun interesse, ma mi ha colpita negativamente il fatto del veto agli amministratori di far sapere le decisioni e delibere prese, pena la multa o la revoca della carica.
Siamo tornati ai tempi di Mussolini? Cosa c’è sotto? Questa è la mia impressione; in una cooperativa, in un consorzio sano dovrebbe essere tutto alla luce del sole, chiaro e limpido dal presidente all’ultimo dei soci.
Ho sempre ammirato positivamente la strada e l’organizzazione di Melinda e fa piacere perché è bene di tante famiglie. Ho l’impressione che si stia rovinando tutto. Ripeto, non sono socia e non ho alcun interesse, ma mi è venuta spontanea questa considerazione.
Chi ha orecchi da intendere, intenda e chi può migliorare si impegni.
Porgo i migliori auguri di buon anno e buon senso a tutti gli amministratori onesti.

Maria Teresa Bertoletti - Contà


 

Il dissenso non si congela

Come avrà visto il presidente Odorizzi, nel frattempo, ha precisato una serie di cose. Tutte condivisibili. Resta, però, un gigantesco... però: è normale che ogni cda veda come fumo negli occhi le fughe di notizie, però è impossibile mettere il bavaglio a tutti. Lo si può fare con spirito costruttivo. Si può emulare ciò che hanno fatto altri consigli d’amministrazione e chiedere un autorevole parere legale - tutte cose che ha correttamente fatto Melinda, con un intento persino encomiabile -, però il dissenso, anche morbido (ripeto: anche costruttivo), non si potrà mai congelare. In una interessante stagione della mia vita, ho guidato la comunicazione della giunta provinciale. Ogni presidente, com’è ovvio, avrebbe voluto che al termine delle riunioni dell’esecutivo uscisse un’unica voce, un’unica versione delle cose.

Normale che i panni (non ho scritto sporchi di proposito, perché tutti i “panni” si dovrebbero lavare in modo analogo) si volessero lavare in famiglia, ma inevitabile che poi qualche interpretazione diversa uscisse dal palazzo. Trovo insomma normale che si pensi ad un regolamento che dia delle regole e che eviti comunicazioni fra loro potenzialmente diversissime, per non dire opposte o in contraddizione, ma trovo anche normale che ci sia un po’ di polemica e che non tutte le decisioni vengano condivise da ogni consigliere.

Il che mi permette anche di ricordare che noi facciamo il nostro mestiere: raccontando ciò che si vede sul palco, ma anche ciò che accade dietro le quinte. Il buon giornalismo - se ha la capacità di non occuparsi solo dei retroscena - è questo: scena e, appunto, retroscena. Intero contesto insomma. L’informazione corretta è fatta proprio di trasparenza e la trasparenza, inevitabilmente, a volte riserva sorprese non a tutti gradite. La rincuoro, comunque: non si sta rovinando tutto e non siamo tornati ai tempi della dittatura; il dibattito - franco e trasparente - è il sale della democrazia. E il primo a saperlo è certamente il presidente Odorizzi, che ha indubbiamente a cuore anche le tante famiglie di cui parla lei.

a.faustini@ladige.it

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