Gli Stati Uniti e l'infamia del razzismo
La lettera al giornale
Gli Stati Uniti e l'infamia del razzismo
Ormai gli Stati Uniti sono paragonabili, sotto l'aspetto sociologico, a una pentola a pressione. Il razzismo imperante specialmente verso gli originari dai Paesi africani, è giunto al parossismo esacerbante quanto di difficile comprensione e condivisione. Sì, perché una logica e umana riflessione dovrebbe indurre a ricordare che i "neri" d'Africa non sono arrivati in America come migranti ma "rapiti" nei loro villaggi da trafficanti privi di scrupoli e venduti ai "negrieri passatori" con destinazione l'America e piantagioni di cotone.
La traversata implicava la perdita di una alta percentuale di "schiavi", anche la metà, ma sempre con un buon margine di guadagno. Pertanto i signori statunitensi (bianchi) frenino il loro livore e ricordino che i loro antenati hanno lasciato una macchia di inciviltà, superata solo dall'infamia nazista. In quanto al razzismo inteso in senso lato è bene ricordare che quasi tutti gli americani hanno origini europee e che gli unici americani "veri" sono i vari Aztechi, Inca e gli indiani sopravvissuti alle gesta di cui gli "americani contemporanei" si spera non vadano fieri.
Giovanni Meli
Troppi occhi che si chiudono
Il paragone con la pentola a pressione mi sembra perfetto. Se ci pensa, nulla di nuovo sotto il sole: gli Stati Uniti - senza citare le battaglie fra Sudisti e Nordisti e mille altri conflitti più o meno evidenti - sono divisi da sempre. Da una parte inclusione, democrazia, tolleranza; dall'altra razzismo, classismo, una società che tende a occuparsi dei primi ma mai degli ultimi (alcune scelte di Trump, non solo in campo sanitario, sono in tal senso emblematiche).
Come ho scritto nei giorni scorsi rispondendo ad un altro lettore e citando la scrittrice Francesca Melandri, pochi possono dire di capire davvero gli Stati Uniti, con tutte le loro sfumature, con tutte le loro lotte, con tutte le loro differenze, con tutte le loro tensioni. Perché anche chi va spesso in America, chi pensa davvero di conoscere quel Paese, tende a frequentare ad esempio solo bianchi, solo determinati pezzi di società, solo alcune città. A dir poco istruttiva, ad esempio, la lettura di un piccolo libro di Romano Prodi (Il piano inclinato): in quel libro l'ex presidente del consiglio e della commissione europea spiega con chiarezza quante Americhe, profondamente diverse fra loro, ci siano negli Stati Uniti (o disuniti?).
Spero anch'io che gli americani frenino il loro livore, rileggendo la storia e guardando il futuro. Ma le vicende di questi giorni ci dicono l'esatto contrario: ci parlano di un odio sconfinato, di troppi occhi che si chiudono e che non vogliono vedere, di una politica sempre più distante - salvo qualche bella eccezione - dalla realtà. Spero che ci salvino gli intellettuali, gli scrittori, i liberi pensatori, tutte quelle persone che sanno guardare in faccia la realtà, anche andando ben oltre le apparenze.
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