Uccidere le persone felici. Ci mancava solo questa

Il folle omicidio di Lecce è al centro della lettera del nostro lettore, a cui risponde il Direttore.

Uccidere le persone felici
Ci mancava solo questa

Gentile direttore, si può uccidere per gelosia, si può uccidere per tradimento del coniuge, esisteva addirittura, in questo caso, il delitto d’onore (sempre maschile) con il quale si poteva avere uno sconto di pena, legge abrogata “solo” 35 anni fa.
Ma si può anche uccidere in un momento di rabbia, odio, si può uccidere in un momento di pura follia, si può uccidere per interessi finanziari e ingordigia, si può uccidere per le fatidiche eredità, si può uccidere per mafia e camorra, anche con il “femminicidio” tristemente famoso e frequente negli ultimi anni oppure si uccide anche per errore. Mancava a queste lunghe e dolorose motivazioni l’uccidere perché…gli altri «sono troppo felici», come avvenuto pochi giorni fa a Lecce. Questo aberrante omicidio di una giovane coppia colpevole appunto di essere “troppo felici” secondo il loro assassino e la sua gelosia portata al parossismo e alla follia, fa la coppia, anche se per ben altro motivo con il recente “massacro” del giovane Willy lucidamente eseguito da due brutali assassini cultori e fanatici di arti marziali, colpevole solo di essere intervenuto per difendere un amico in una rissa. È ormai evidente la crescita di violenza gratuita, quasi esclusiva di giovani senza nessuna cultura, morale e visione futura della vita, con seri problemi psicologici e di rapporto, che purtroppo sfocia spesso nell’uccisione di altri ragazzi, vittime innocenti per cause e motivi irrilevanti e banali, solamente per il gusto di uccidere e prevalere sull’altro, dimostrando a tutti la propria forza bruta, marcando il proprio esclusivo territorio dove non deve interferire ed entrare nessuno, o nel caso sopra descritto, il non accettare nemmeno che due giovani ragazzi siano “semplicemente” felici, mentre tu non lo sei per tanti motivi dei quali loro non sono assolutamente responsabili e a conoscenza.
Vedo intorno a me che persone felici, come quei due giovani, ce ne sono veramente poche, iniziano ad essere delle rarità assolute in questa società esclusivamente egoista, cosiddetta “liberal”, (termine quanto mai errato e fasullo) dove l’io e il proprio interesse personale prevale su tutto e schiaccia tutti. È dell’altro giorno anche il suicidio di un undicenne, con uno straziante messaggio lasciato ai genitori, che non aveva più tempo di aspettare e doveva morire per seguire un personaggio suo idolo in internet che lo spingeva e consigliava a fare questo tragico gesto per raggiungerlo...ma dove? Stiamo crescendo tra web, social e siti internet vari, dove importa solamente esserci ed esistere, altrimenti è meglio morire con alcol, droghe o buttandosi come quel ragazzino, una generazione di giovani senza alcuna morale, sentimenti, rispetto della vita propria e altrui, che vogliono sfidare di continuo per vedere cosa succede e provare brividi unici, vita che per quanto dura è la migliore che ci sia e che va vissuta fino alla fine, fine che non decidi tu. Non hanno più rispetto dell’altro, chiunque sia di razza o religione, idee politiche, migrante, omosessuale o diversamente abile.
Dirai, ovviamente e giustamente, che a fronte di “questa” fetta malata di gioventù ce n’è un’altra e anche maggiore per fortuna, che studia, si impegna lavorando e sacrificando, cerca in tutti i modi di costruirsi un futuro con le proprie capacità e cerca un sano svago in altre occasioni come sport, volontariato e anche sano divertimento che è sacrosanto. Però, come si dice sempre, fa più rumore un albero che cade nella foresta che mille alberi che crescono, ma anche quell’albero, e pure giovane, che cade inutilmente e che poteva crescere insieme agli altri mille fa molto male all’intera foresta.

Alberto Penazzi


 

Un modello distorto di felicità

Ti sei già risposto. La foresta soffre, ma gli alberi sono più forti. E sono diversi. E quasi tutti sono lontani, nel loro silenzioso crescere, da quest’odio mostruoso. Mi ha molto fatto riflettere una frase allo scrittore Stefano Massini (che avrai certo visto in almeno un monologo su La7): «I due ragazzi di Lecce sono vittime sacrificali non solo di un’invidia deformante, ma anche di un micidiale modello distorto di felicità, a cui tutti inconsapevolmente contribuiamo e di cui tutti a nostro modo facciamo le spese».

lettere@ladige.it

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