Nelle lettere è sbagliato dare spazio a tutti
Caro direttore, leggo sempre con grande interesse le pagine delle lettere che il giornale in cui ho lavorato per quasi 40 anni dedica ai lettori. Credo che siano una grande palestra di partecipazione democratica alla vita della comunità trentina. Questo spazio libero rappresenta una grande opportunità, ma parafrasando quanto scriveva il grande Umberto Eco per internet, «è un peccato che dia spazio anche ai cretini». Temo purtroppo, come diceva il generale de Gaulle, che la guerra ai cretini sia persa in partenza. Cerchiamo almeno di limitarne i danni, come auspicava una lettera delle scorse settimane del collega Giuseppe Casagrande.
Carlo Giordani - Villa Lagarina
Prima la libertà d'espressione
Grazie caro Carlo. È una palestra alla quale tengo molto. Tu citi il grande Eco e io ti rispondo con Papa Francesco: «Chi sono io per giudicare?». Cerco di non pubblicare le lettere di chi offende, ma trovo giusto dare spazio anche a chi esprime pareri o giudizi un po' bizzarri. Una palestra ha un senso solo se possono entrarci tutti. E ogni lettore - salvo appunto che non vada oltre le righe - merita uguale rispetto, incluso - per paradosso - chi ci offende per come trattiamo certe notizie o chi ce l'ha col mondo, vedendo ovunque complotti.
Alcuni mi accusano d'aver troppa pazienza, altri mi fanno i complimenti per la stessa cosa.
Tu mi conosci fin troppo bene e conosci bene questo giornale che hai contribuito a "costruire": davanti a ogni altra cosa ci sarà sempre la libertà d'espressione. Che comporta, qualche volta, anche la libertà di sbagliare. Grazie ancora per la tua vicinanza e per le tue preziose parole.
«Direttore, selezioni
anche le lettere»
Gentile Direttore, per la seconda volta nel giro di poche settimane trovo fra le lettere al suo giornale delle missive che propongono tesi grammaticali a dir poco fantasiose.
La signora Fabrizia Bort (12 novembre), si inserisce nel dibattito sul linguaggio di genere asserendo che, nel caso si voglia adottare un linguaggio rispettoso delle differenze di genere, occorrerebbe declinare al maschile termini come "camionista", "dentista" e "giornalista". Non so se fosse un tentativo di fare ironia, ma, siccome queste idee ricorrono abbastanza spesso, mi pare opportuno ricordare che tutte le parole indicate dalla signora rientrano nella categoria delle "ambigeneri", possono cioè essere usate sia al maschile sia al femminile senza che si modifichi la forma del suffisso flessivo (il giornalista/la giornalista). Situazione completamente diversa quella di termini come "sindaco", "assessore", "avvocato", che sono invece parole maschili e possono quindi contemplare una declinazione femminile: sindaca, assessora, avvocata.
Un appunto però al suo giornale: capisco la volontà di dare democraticamente spazio a tutti (come da lei ribadito qualche giorno fa nel rispondere a un'altra lettera). In questo modo si rischia però di legittimare pensieri che inquinano il dibattito pubblico: quanti dei suoi lettori e lettrici, leggendo la lettera della signora Bort, possono essere stati indotti a credere che "assessora" valga quanto "giornalisto"? Purtroppo non tutti i pensieri hanno la stessa validità e, a costo di passare per censore, credo che compito di un giornale sia proprio fare una selezione, o perlomeno contestualizzare e correggere pensieri oggettivamente erronei. Lo hanno iniziato a fare anche i social network, come saprà, segnalando le notizie prive di fondamento. Ecco, forse occorrerebbe fare la stessa cosa anche con alcune lettere.
Daniele Santuliana
Come avrà visto leggendo la risposta che ho dato al caro collega Carlo Giordani, trovo giusto che nella pagina delle lettere ci sia spazio per tutti. Pubblicare una lettera non significa certo condividerla. Significa far proprio, di giorno in giorno, il famoso pensiero di Voltaire (anche se ormai si sostiene che quella frase non l'abbia mai detta): «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire».
Le mie risposte - che non tutti amano e in particolare non le ama, in alcuni casi, chi le riceve - servono poi in più di un'occasione a riportare un po' di necessario equilibrio. Nel caso di Fabrizia Bort, infine, ci siamo trovati palesemente di fronte a una provocazione. E le provocazioni - che hanno comunque sempre l'intento di stimolare un dibattito - vanno prese per quello che sono. Penso infine una cosa: siamo nell'epoca in cui tutti hanno un'opinione su tutto e molti ritengono indispensabile farla conoscere, quell'opinione. Forse non sarebbe indispensabile leggerla, ma la censura non appartiene al mio modo di pensare e di interpretare questo mestiere. Anche se ascolto sempre preziosi consigli come i vostri.
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