Una madre lasciata sola mentre il figlio moriva
Il dramma di Pilcante e la solitudine di una madre davanti al figlio ucciso: la riflessione di una nostra lettrice, la risposta del Direttore
Caro direttore, così sensibile, volevo fare alcune riflessioni in ordine alla vicenda di Matteo Tenni ed in particolare mi riferisco alla foto pubblicata a pagina 27, del Suo giornale del 12 aprile.
La tristezza di quella immagine è infinita. Ma è mai possibile che un vicino di casa, un parente, un curioso non abbia potuto essere accanto a quella povera mamma?
Me la immagino disperata e incredula, catapultata suo malgrado in questa dolorosissima vicenda.
Sembra che nessuno possaavere un moto di umanità nei suoi confronti. Soggetto da fotografare ma non da soccorrere.
Sono ben consapevole che le due persone presenti nei paraggi, stiano magari svolgendo il loro lavoro, ma in questo caso, lei sembra quasi d'impaccio.
Ai tempi, nei nostri trentinissimi paesi, una tragedia che capitava coinvolgeva tutti e forse la sofferenza veniva lenita ed elaborata assieme.
Giuliana Tavernini
Questa tragedia coinvolge comunque tutti
Grazie per le sue interessanti considerazioni.
Quella foto rappresenta in realtà due cose. La prima cosa è il momento di una tragedia, una tragedia ancor più sconfinata per una madre che ha dedicato a quel figlio gran parte della vita, delle proprie attenzioni, dei propri pensieri, soprattutto delle proprie preoccupazioni.
E un momento, per definizione, non racconta ciò che è successo prima e ciò che è successo dopo.
Ma è anche, quella foto, la metafora della solitudine di tante madri, di tanti genitori, di una società che non smette di aiutare i propri figli o i propri cari in difficoltà, ma che troppo spesso - anche in un territorio attento al sociale come il nostro - si ritrova dannatamente sola.
C'è un po' tutto, in quello scatto. Incluso il fatto che in quel preciso istante - per ragioni comprensibili, per dirla quasi con Pascal, che la ragione non può conoscere - non sia stato permesso alla madre di avvicinarsi al figlio morente, di accarezzarlo un'ultima volta.
Questa tragedia coinvolge comunque tutti. E molte persone si sono strette, non solo idealmente, attorno a quella madre disperata. Questo dramma non lascia poi dietro di sé solo i dettagli, drammatici, che dovrà chiarire un'inchiesta.
Lascia anche - come sempre al cospetto di eventi così tristi - le domande che non sono state fatte, gli interventi che non ci sono stati o che non sono stati possibili, il tentativo - tipico di ognuno di noi - di risolvere le cose in casa e certamente anche qualche appello che non è stato raccolto.
In tal senso, tutti soccorriamo, lontano dalla foto, quella madre, che per un istante è diventata la madre di tutti i figli alle prese con fantasmi e inquietudini.
E per quanto possa sembrare paradossale, le vittime sono certamente due: perché fatico a immaginare che il carabiniere che ha sparato quel colpo possa dimenticare ciò che è successo, ciò che s'affaccerà di giorno e di notte sull'uscio dei suoi pensieri.
I paesi cambiano, lei ha ragione, ma l'umanità resta la stessa. Anche quando una foto non la coglie o - come a me sembra - la coglie in tutta la potenza tragica della sua essenza.
lettere@ladige.it