Viaggio all'interno di Expo 2015. Il racconto del nostro inviato a Milano

di Paolo Micheletto

Una vera e propria città. Che contiene tutto il mondo. Un luogo (non luogo) dove la Cina confina con la Colombia e l’Argentina e la Germania sta accanto al Kuwait. Un paese nel quale riso, cacao e caffè crescono a poca distanza tra loro.

[ladige_embed_node type="video"]444096[/ladige_embed_node]

Viaggiamo quindi nella «casa» dell’esposizione universale. Entriamo insieme. I punti di ingresso nell’area milanese sono quattro. Se raggiungerete l’Expo con il treno, il vostro approdo sarà all’ingresso «ovest Triulza». Una volta superati i cancelli, in un attimo sarete nel decumano, la via principale su cui si sviluppa la struttura e che attraversa l’intero sito da est a ovest per un chilometro.

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"283666","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"320","width":"480"}}]]

Un consiglio: prima di entrare, organizzate un vostro tour virtuale, con alcune priorità (10 cose che dovete sapere). Vi accorgerete subito che è praticamente impossibile visitare tutte le «attrazioni» offerte: meglio quindi avere le idee chiare su cosa preferite vedere. Già all’inizio si prospetterà quindi il primo «bivio»: meglio iniziare dal Padiglione Zero oppure dal decumano? Già, perché all’Expo il numero «zero» sta per un museo vero e proprio, in cui osservare quanto l’uomo ha prodotto dalla sua comparsa sulla terra fino a oggi, le trasformazioni del paesaggio naturale, la cultura e i rituali del consumo: insomma, se entrate nel Padiglione zero dedicate del tempo a questa struttura.

Una volta ritornati sul Decumano inizierete a vedere da vicino i padiglioni dei singoli paesi e - più avanti - i primi «cluster», vale a dire i «grappoli» che uniscono alcuni stati in base a determinate produzioni, come il cacao o le spezie. Via quindi con l’Irlanda e con il Nepal, la cui presenza assume un significato molto particolare dopo la terribile tragedia del terremoto. Poi lo splendido stand del Brasile e del Belgio, e quindi in serie i «cluster» del riso, del cacao e del caffè, di sicuro interesse anche per i bambini.


A proposito dei più piccoli: se i ragazzi iniziano a sentire la stanchezza, è forse arrivato il momento di una sosta al Children park, dove si intrecciano giochi ma anche esperienze a contatto con la natura. Dopo la sosta, ritornerete sul decumano: attenzione alla Cina e alla sua splendida montagna sacra ma anche all’Argentina. Di fronte troverete la Gran Bretagna e al progetto ispirato all’alveare, un cubo di 14 metri per lato, poggiato su colonne alte tre metri. Siamo quindi arrivati al punto in cui il decumano si incrocia il cardo: è qui dove si trova la piazza centrale dell’Expo, Piazza Italia, il luogo in cui simbolicamente l’Italia incontra il mondo.

Ai quattro estremi del Cardo e del Decumano sono situate alcune delle strutture più importanti: la collina mediterranea, proprio nella parte est dell’area, l’Expo Centre, l’Open Air Theatre (vicino all’ingresso sud) e la Lake Arena. Restiamo appunto in casa nostra, per parlare del Padiglione Italia, che si compone del Palazzo Italia, dei quattro edifici sul Cardo e appunto della Lake Arena, per un totale di 14.000 metri quadri. Lungo il Cardo trovano spazio, tra le varie realtà, anche le regioni italiane: ricordiamo che il Trentino avrà il proprio stand solo dal 1° luglio. I visitatori si soffermeranno ad ammirare la vera icona dell’evento, l’Albero della vita: 35,45 metri di altezza, 45 di larghezza, 90 tonnellate di acciaio, 7 chilometri di led.

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"283671","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"320","width":"480"}}]]

Ritornando di nuovo sulla «via» principale, una visita va senza dubbio regalata ai nostri «vicini» di casa, l’Austria e la Germania: più all’insegna della natura i primi, più tecnologici i tedeschi. Infine, segnaliamo, nell’estremità est dell’esposizione universale, la piazza delle biodiversità e la collina mediterranea. Quest’ultima area è il punto più suggestivo e romantico da cui godersi una vista panoramica, dopo aver passeggiato tra sugheri, lecci, cipressi e roverelle. 

Il sito espositivo si estende su un milione di metri quadri: spostarsi da un punto all’altro del perimetro può risultare difficile, faticoso e poco efficiente. Meglio quindi utilizzare per spostamenti una navetta, People mover: si tratta di un servizio interno ad uso gratuito che compie un percorso circolare lungo il perimetro del sito. La navetta segue un percorso in senso orario ed effettua dieci fermate, situate nei punti più strategici della manifestazione (cadenza dai cinque ai sette minuti).

Per fare il giro del mondo, assaggiando i sapori di ogni continente, i visitatori di Expo possono vedere i 52 padiglioni di singoli paesi costruiti lungo il Decumano, la strada che attraversa il sito da est a ovest. Ma, se preferiscono fare un’esperienza più rapida, possono soffermarsi solo nei 9 cluster (letteralmente «grappolo»), i padiglioni collettivi dove gli Stati che non hanno costruito un loro edificio sono stati raccolti non in base alla provenienza geografica ma ai temi che hanno in comune. In tutto, 72 realtà per raccontare al mondo cosa significhi «davvero» parlare di riso, caffè, frutta, biodiversità. Dei nove «grappoli» di Expo, tre sono dedicati a temi ambientali: le zone aride, le isole, e il Biomediterraneo. Sei invece sono legati alle singole produzioni: quelle di caffè, riso, frutta e legumi, spezie, cereali e tuberi, cacao e cioccolato. L’idea di riunire i partecipanti in base a un tema è innovativa. Nelle esposizioni svolte finora, i Paesi erano infatti inseriti nei padiglioni collettivi per vicinanza geografica. Questa volta invece ad accomunarli è un tema, un progetto.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"282316","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"772","width":"1593"}}]]

Ad una prima impressione, la struttura dei cluster ricorda quella di villaggi. Una parte è gestita direttamente dai Paesi, una parte è comune (per spettacoli, eventi, aree di vendita o di degustazione). Le misure variano. Come le architetture: il più grande, il Biomediterraneo, ha una superficie di 7.304 metri quadrati e un pavimento azzurro nella zona comune che richiama tutte le sfumature del mare; il più piccolo, quello delle Isole, è di 2.535 metri su un unico piano; le Zone aride cercano di ricreare l’effetto delle tempeste di sabbia con dei cilindri semitrasparenti che pendono dal soffitto, mentre le facciate a specchio del padiglione del riso danno l’idea di un’immensa risaia riflettendo le vasche esterne dove crescono vere piantine. Il filo comune sono le immagini: nove grandi fotografi, dal brasiliano Sebastiao Salgado per il caffè a Gianni Berengo Gardin, raccontano i cibi che sfamano il mondo. 

Entriamo nello specifico di qualche cluster. Quello dei cereali e dei tuberi è dedicato al pane e alle sue varie origini e declinazioni. Si compie un viaggio tra le diverse colture, da quelle più diffuse come mais, frumento, avena, segale, grano saraceno, fino a quelle meno conosciute, tipiche dell’Africa e delle zone andine, con il teff o la quinoa. Ma è un viaggio anche nel mondo dei tuberi, dalle patate fino al topinambur. I Paesi protagonisti sono sei: Bolivia, Congo, Haiti, Mozambico, Togo e Zimbabwe. Ognuno di essi racconta le coltivazioni tipiche, o un prodotto simbolo.

Sviluppato su un’area di oltre 3.000 metri quadri, il cluster accoglie il visitatore all’ingresso con una «valle di cereali», concepita come area comune, che simboleggia le diverse coltivazioni oggi sviluppate nel mondo. E durante Expo cresceranno in grandi vasi diverse colture di cereali, sotto gli occhi dei visitatori. Al centro del percorso, una grande mostra fotografica firmata dal newyorkese Joel Meyerowitz (Magnum Photo) racconta per immagini i pani del mondo. Quindi, in una struttura di vetro, è stato costruito un forno, per un percorso che va dalla coltivazione e trasformazione del raccolto fino al consumo dei prodotti finiti.

[ladige_embed_node type="video"]444071[/ladige_embed_node]

Gli organizzatori di Expo hanno invece concepito il cluster del Mediterraneo costruendolo come una grande piazza semicoperta su cui si affacciano strutture dedicate alla distribuzione dei prodotti tipici, come olio d’oliva, pane e vino. Il pavimento della piazza è stato realizzato in diverse tonalità di azzurro, proprio per richiamare il mar Mediterraneo. Lo spazio comune del cluster è coordinato dalla Sicilia. Qui, lungo tutto l’arco della giornata, saranno cucinati i cibi «mediterranei» che danno significato al cluster: le diverse sfumature che il significato di «dieta mediterranea» acquista declinata secondo le caratteristiche di ogni Paese.

Costa d’Avorio, Camerun, Cuba, Gabon, Ghana e il piccolo Sao Tomé e Principe raccontano a modo loro il cacao, dove nasce, come lo si coltiva, come e dove viene prodotto, raccolto, trasportato, esportato. Il cluster, con una superficie di 3.546 metri quadri, si ispira alle piantagioni e si sviluppa in sei pareti che corrispondono alla «facciata» di ciascun Paese. Ideato dagli architetti Fabrizio Leoni, Mauricio Cardenas, Isabella Vegni e Cesare Ventura, appare «fragile»: pannelli realizzati in tessuto leggero e chiaro e rivestimenti interni in vista. Una metafora della necessità di proteggere un prodotto prezioso.

L’atmosfera è quella di una foresta tropicale in cui la luce del sole penetra a fatica. Inizialmente il cluster doveva essere dedicato solo al cacao: «Poi abbiamo convinto Expo ad aggiungere a tema del cacao il tema del cioccolato - ha spiegato il presidente di Eurochocolate, Eugenio Guarducci - Perché sono due culture da valorizzare insieme, e ci sembrava giusto realizzare le condizioni per uno scambio culturale con i Paesi produttori che ancora non trasformano il cacao in cioccolato».

comments powered by Disqus