Valanghe, l'esperto: instabilità dopo le ultime, forti nevicate
«La valanga è una brutta bestia», ma prima di avventurarsi in quota, nello scialpinismo, «va sempre valutata la storia del manto nevoso che ha una variabilità incredibile, quasi infinita. Nello scorso week end c’è stata la precipitazione più importante dell’inverno, e quella neve non si è ancora stabilizzata. Non ha avuto il tempo di agganciarsi agli strati più stabili».
A dirlo è Giampietro Verza, ricercatore Everest K2 Cnr, guida alpina e ricercatore del gruppo di glaciologia dell’Università di Milano.
Secondo l’esperto quella caduta stamani in valle Aurina, Alto Adige, fatale per sei scialpinisti, è una «piccola valanga, con 300 metri di scorrimento, che può avere tante concause. A partire dalla sollecitazione meccanica del passaggio dell’uomo che può rompere l’equilibrio della tenuta».
Il 2015, ricorda il ricercatore, è stato l’anno più caldo di sempre e l’autunno ha evidenziato una spinta inversione termica con temperature molto alte, vicine cioè allo zero e mai negative, nelle sommità dell’arco alpino. Attorno ai 2500-3000 metri di altitudine è stata incamerata energia del sole, normalmente riflessa dalla neve autunnale, la grande assente della stagione scorsa. Questo ha comportato una anomalia - sottolinea Verza - nella stratificazione nevosa che fa fatica a essere stabile.
«L’evento in sé è di tipo meteorologico - osserva il climatologo Cnr Sandro Fuzzi - ma sappiamo che le temperature attuali sono piuttosto alte per il periodo, e che il riscaldamento del clima ha fatto diminuire del 40% negli ultimi 30 anni i ghiacciai alpini italiani».
Un fattore di peggioramento delle condizioni meteo locali odierne può essere il Föhn, vento con massa d’aria calda proveniente da Nord.
C’è poi un Bollettino delle valanghe, con rischi da 0 a 5, e bisogna capire se è stato preso in considerazione quanto segnalato localmente.
«A inizio marzo - osserva Verza - siamo un po’ agli inizi di stagione per lo scialpinismo, il manto nevoso è meno stabile. Bisogna capire come questo gruppo di sciatori era condotto; purtroppo di solito i gruppi, se non ben guidati, sono meno prudenti. L’ideale è pensare sempre che sei tu e la montagna. Chi sale ha tempo di valutare la neve che fa dei suoni quando non è stabile, evidenziando anche piccoli smottamenti. Vanno poi evitate le conche, che semmai vanno attraversate - consiglia l’esperto - uno per volta, proprio per limitare i rischi.
Chi viene travolto da una valanga - precisa il ricercatore Everest K2 Cnr - può morire per annegamento perché respira la neve che sciogliendosi riempie d’acqua i polmoni. Se la neve è pesante il danno è meccanico e si può morire per schiacciamento.
Altra causa di morte è l’ipotermia, ma una bolla d’aria può far sopravvivere anche per un giorno, per questo i soccorritori cercano fino all’ultimo».