Paganella, inaugurata la Ferrata delle Aquile
Ideata da Franco Gionco, tracciata e costruita dalla guida alpina Elio Orlandi con Roberto Rigotti, la nuova «via ferrata delle Aquile», sulla Paganella - realizzata dalla società Paganella 2001 - è stata inaugurata sabato in un clima di colorato entusiasmo.
Dopo l'affollata la cerimonia del taglio del nastro, e la benedizione di don Augusto , un lungo «nastro» multicolore, fatto di decine e decine di persone «accudite» dagli uomini del Soccorso alpino del territorio, si è snodato lungo il non facile percorso che, dall'imbocco del Canalone Battisti, conduce al «Trono dell'Aquila». Una via intitolata a Carlo Alberto Banal, scomparso nel 2004, e classificata dagli ideatori come medio-difficile. Ferrata «delle Aquile» perché, è stato spiegato all'inaugurazione, consente di immaginare cosa può vedere un'aquila. La via è attrezzata con funi metalliche, staffe e due spettacolari ponti «tibetani», e presenta un dislivello di circa 280 metri.
Oltre a Carlo Alberto Banal, al quale è intitolata la ferrata, il presidente della società Paganella 2001 Eduino Gabrielli ha ricordato Katia Tenni, recentemente scomparsa, raccontando poi come è nato il nuovo percorso: l'idea di Gionco, il primo sopralluogo insieme ad Orlandi, la disponibilità del sindaco dell'allora Comune di Terlago Gianni Nicolussi (presente alla cerimonia) e del Comune di Fai rappresentato dal sindaco Gabriele Toninandel . Poi i ringraziamenti: a Valerio Perlot e figlio , autori di un'aquila artistica in ferro, a Luca Dorigoni per l'attrezzatura che consente di entrare in una grotta lungo il percorso, a La Sportiva che ha donato le «suole» sulle quali si posa il piede attraversando i due ponti tibetani. Toni Mottes ha poi realizzato una croce in marmo che verrà collocata nel prato degli Alpini sotto la Rocca.
Perché la nuova ferrata? Perché rientra in un progetto più vasto - ha spiegato Gabrielli - di rilancio del turismo estivo sulla Paganella: sentieri, percorsi per le biciclette (che sabato non mancavano), le emozioni che può dare una ferrata agli esperti che la percorrono. Presenti amministratori e politici al taglio del nastro, in molti si sono poi incamminati sul nuovo Sentiero botanico, che evitando le difficoltà della nuova ferrata consente di raggiungere il medesimo - e panoramico - punto d'arrivo, il «Trono dell'Aquila». Decine e decine di persone, come detto, hanno voluto percorrere la ferrata dando vita ad un «serpentone» alpinistico sulle rocce.
I gruppi si sono poi ritrovati al rifugio Meriz, per il pranzo e i canti della montagna del Coro Campanil Bas.
Tre sono complessivamente i percorsi illustrati su di una nuova cartina disponibile in loco e che conducono nell'ambiente selvaggio della Paganella. Una zona situata fra la parete della Roda (storico «teatro» dell'alpinismo trentino, con le vie di Bruno Detassis e Cesare Maestri) e quelle degli Spaloti di Fai: dagli impianti di risalita che conducono in cima alla Paganella si dirama anzitutto il sentiero di avvicinamento. Il tratto seguente, attrezzato con funi metalliche, è denominato «Sentiero delle Aquile» e conduce - con la vista che spazia su Lamar e la Valle dei Laghi - allo spettacolare Arco di Tito, un arco di roccia naturale, quindi alla «Fonte della giovinezza» e al bivio con il Sentiero botanico e la via ferrata, contraddistinto da un tabellone.
Tutti i tre percorsi conducono poi al «Trono dell'Aquila»: il primo, il Sentiero botanico, incrocia anche il sentiero che conduce al rifugio Meriz e alla Malga di Fai; il «Sentiero delle Aquile» corre sopra le pareti, e conduce anch'esso al «Trono».
Infine la «Ferrata delle Aquile», la più impegnativa, il cui punto di partenza è situato all'imbocco del Canalone Battisti: disceso un primo tratto del canalone, le corde fisse seguono poi cenge e terrazzini in piena parete rocciosa conducendo dapprima all'«antro delle pegore», quindi alla «Traversata degli Angeli» (un tratto decisamente esposto), alla «Conca d'oro», alla cengia Terlago e ai «ponti del cielo», due ponti tibetani sospesi fra un promotorio e la parete rocciosa principale.
Dopo il «Dos de la marenda» le funi conducono a risalire lo «Spigolo del vento» fino alla sommità del «Trono dell'Aquila», il bordo superiore fra i mughi.