Sull'Himalaya per inseguire il clima che cambia
"Il mio obiettivo e' ancora piu' alto della vetta": con voce ferma e occhi sognanti, si presenta cosi' Carina Ahlqvist, la scalatrice svedese dei record che ha fatto della lotta per il clima la sua ragione di vita. Una vera e propria missione, che sulla soglia dei 50 anni l'ha spinta a condurre ben cinque spedizioni scientifiche sulle montagne piu' alte del mondo per misurare sul campo gli effetti del clima che cambia.
Nelle ginocchia e negli occhi porta ancora i segni dell'ultima avventura vissuta tra Nepal e Tibet sul monte Makalu, il quinto piu' alto della Terra: una missione, la Makalu Climate Climb, condotta in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e conclusa in modo rocambolesco grazie al salvataggio operato da un pilota d'elicottero italiano.
"Si chiama Maurizio Folini, e' il mio eroe", ha raccontato Carina a 'Living Planet', la conferenza sull'osservazione della Terra organizzata a Milano dall'Esa insieme all'Agenzia Spaziale Italiana (Asi). "Maurizio e' l'unico al mondo capace di pilotare un elicottero oltre i 7.000 metri di altezza; mi ha davvero salvato la vita".
Era l'aprile del 2018. Carina aveva intrapreso da una ventina di giorni la sua missione, insieme a due ricercatori svizzeri in una spedizione che tra sherpa, cuochi e portatori contava quasi una cinquantina di persone. La prima tappa al campo base del monte Makalu, a 4.800 metri, "dove abbiamo condotto esperimenti per analizzare il ghiacciaio Barun e per convalidare i dati del satellite europeo Sentinel-1, usati per valutare rischi naturali come le frane", ha detto la scalatrice. Poi il gruppo e' tornato indietro, portando a Katmandu la spazzatura trovata lungo il percorso per riciclarla: "voleva essere una missione davvero ambientalista", ha sottolineato Carina.
"Io invece sono salita al campo avanzato a 5.700 metri e ho iniziato la scalata verso la vetta insieme a uno sherpa". Una sfida allettante per la scalatrice piu' esperta della Svezia, con cinque vette da 8.000 metri gia' conquistate. "Quando ci trovavamo a 8.150 metri, a poco piu' di tre ore dalla cima, siamo stati investiti da una bufera di neve che ci ha costretti a tornare indietro: durante la scalata notturna, a 7.600 metri, il vento gelido e la neve mi hanno resa completamente cieca", ha ricordato con rammarico Carina.
Guidata dallo sherpa e attaccata a una fune, la scalatrice ha impiegato tre giorni per scendere di quasi 1.000 metri di quota, fino al campo posto a 6.600 metri, dove poi e' stata soccorsa. Sei giorni di ospedale per riacquistare la vista e poi, a settembre, un intervento alle ginocchia che l'ha fermata per un po'. "Ma io non mi arrendo", afferma con decisione. "Nel 2020 provero' di nuovo a conquistare la cima del Makalu".