Brenta / La tragedia

La morte di Salvaterra, il dolore di Messner: «L'alpinismo perde un grande»

«Deve per forza aver ceduto un appiglio: un Salvaterra lì non cade. Per lui il Campanil Alto era davvero casa: sapeva benissimo dove mettere le mani passo dopo passo, anche a occhi chiusi»

L'INCIDENTE Tragedia in Brenta: Ermanno Salvaterra muore sul Campanile Alto
STORIA Salvaterra, l'uomo del Cerro Torre: quell'amore infinito in Patagonia
L'EVENTO "Brenta Open": in luglio Salvaterra sui monti assieme a persone con disabilità
CORDOGLIO Il dolore della Sat: "Ci lascia una grande persona"

di Leonardo Pontalti

TRENTO. «Deve per forza aver ceduto un appiglio: un Salvaterra lì non cade». Ci sono incredulità, dolore e rispetto per le capacità di uomo che, come lui, ha dedicato la vita alla montagna, nelle parole di Reinhold Messner.

Quello dell'altoatesino, Re degli Ottomila, con l'alpinista trentino era un rapporto di grande stima che affondava le radici nella gioventù di entrambi e che le rispettive carriere avevano contribuito a mantenere saldo: «Andavo spesso a trovarlo in Val Rendena, a casa sua. Quella della sua morte è una notizia che mi rattrista molto, anche perché è davvero una figura di prim'ordine dell'alpinismo che perdiamo, a causa di questa tragedia».

Un incidente che Messner non riesce a spiegarsi: «Io stesso conosco bene lo spigolo che Ermanno stava affrontando ieri, lo avevo fatto spesso in solitaria quando facevo la guida e mi trovavo in Brenta. Per lui il Campanil Alto, nella sua interezza, così come l'intero Brenta, erano davvero casa: le conosceva profondamente, sono certo che sapeva benissimo dove mettere le mani passo dopo passo, anche ad occhi chiusi. Per questo la prima ipotesi di ricostruzione fatta, quella del cedimento di un appiglio che lui riteneva sicuro, affidabile, non può che essere l'unica spiegazione possibile».

L'ARTICOLO COMPLETO E ALTRI APPROFONDIMENTI SULL'ADIGE DI OGGI

comments powered by Disqus