Unanimità per Ferrazza, confermato presidente del Parco Adamello Brenta. Perché si era dimesso?
Abbiamo assistito alla «commedia» andata in scena al Comitato. Fra consiglieri che chiedono «Che fiducia dobbiamo darti, se nessuno te l'ha tolta?» e votazioni palesi per evitare imboscate
INCARICO Si era dimesso, ma Walter Ferrazza viene confermato
IL GIALLO Parco Adamello Brenta, nessuno ha capito le dimissioni di Ferrazza
NOMINE Parco: Ferrazza si dimette dopo la candidatura con FdI
STREMBO. Era la serata dei battesimi quella celebrata martedì nel municipio di Strembo, sede istituzionale delle assemblee del Parco naturale Adamello Brenta. Battesimo per il neo direttore Matteo Viviani, con inusuale cravatta d'ordinanza; battesimo anticipato per la nuova direttrice amministrativa, Anna Povinelli, che entrerà in funzione con l'anno nuovo a ricoprire un incarico che mancava da almeno sei anni. Battesimo, infine... No, cresima per il nuovo presidente. D'accordo, scherziamo. Il nuovo presidente è quello vecchio, però è stato eletto all'unanimità, cosa che non era accaduta quasi tre anni fa.
Se voleva fare un atto di forza Walter Ferrazza ci è riuscito, ma non è detto che fosse sicuro di farcela quando si è dimesso. Altrimenti non si spiega l'aver voluto il Comitato di gestione senza collegamenti esterni: senza online in favore del pubblico, per capirci; chi c'è c'è. Una volta acquisito il risultato (indubbiamente lusinghiero), via con il comunicato ufficiale.
L'Adige, unica testata presente, ha assistito alla "commedia" andata in scena a partire dall'intervento del protagonista, Ferrazza, il quale racconta le dimissioni come «una forma di rispetto nei confronti del Comitato di gestione».
«Quando mi sono dimesso avevo stima nei confronti del Parco; oggi ne ho molta di più». Non possono mancare le sofferenze degli ultimi 8 mesi: da quel giorno di aprile in cui l'orso aggredì e uccise Andrea Papi, quando molti (politica inclusa) non hanno perso occasione per sparare bordate contro il Parco. Però ha rivendicato di aver tenuto la barra dritta nella bufera.
Ma ora che la bufera è calata era il caso di dimettersi? Si capisce che sono in pochi a capire perché lo ha fatto. Si incarica di dirlo Sergio Merz, ambientalista come Franco Tessadri, che va oltre parlando di «doccia fredda» e ricordando di non aver votato Ferrazza all'inizio. Ma ricordando pure che il bilancio di questi tre anni è positivo: Commissioni al lavoro; Patto di Budoia sui ghiacciai... Insomma, «non si può lasciare il lavoro a metà». Tradotto: vai avanti Walter.
Marco Frenez della Sat parla di «dimissioni pesanti in un anno difficile» e chiede (inutilmente) se dietro «ci siano motivazioni politiche». Ferrazza si limita a rammentare la serata di Cles sui grandi carnivori, con l'opinione pubblica in subbuglio e «la politica che ha giocato a divincolarsi».
Poi parte la sequela di consensi, sia pure conditi con i dubbi. Mauro Povinelli critica il metodo, ma chiede la votazione palese (ad evitare imboscate) per la rielezione di Ferrazza. E vuole che i membri di Giunta si esprimano. Tutti. Ad evitare imboscate? Piervito Botteri esclama: «Che fiducia dobbiamo darti, se nessuno te l'ha tolta?».
L'assessora Giovanna Molinari si assume il compito di proporre ufficialmente la candidatura di Walter Ferrazza per succedere a se stesso. Finora non lo aveva fatto nessuno. E tutti si esprimono. Favorevolmente, s'intende. Anche la vicepresidente Monica Marinelli, che si sussurra non sia proprio in sintonia. Ma è solo un sussurro: una voce dal sen fuggita.