Val Caretta, non se ne parla: la giunta dice no al ripristino, «troppo pericolosa e troppo costosa»
Botta e risposta con Degasperi e Coppola, Fugatti chiude ogni speranza, ma gli altri attaccano: «E la ciclovia del Garda, e la Valdastico, allora?»
CALDONAZZO. No, no e poi no: la ricostruzione dei tratti crollati della Val Caretta, antica strada militare austro-ungarica che sale dal Vallimpech a Carbonare, non s’ha da fare. Lo dice la giunta provinciale, smorzando ogni sogno.
Se n’è discusso – anche accesamente – oggi in Consiglio provinciale, dove è stata affrontata e bocciata con 19 no, la mozione di Filippo Degasperi sulla strada della Val Caretta che era stata sospesa ieri per ulteriori approfondimenti.
La strada, realizzata a partire dal 1871 su un tracciato esistente fin dal XVII secolo, rappresenta un indiscutibile patrimonio storico non solo per quelle comunità ma per l’intero Trentino perché si sviluppa lungo un percorso suggestivo e panoramico con enormi potenzialità.
Di qui la proposta di recupero dell’arteria stradale (chiusa nel 1960 in seguito ad un evento franoso e poi dimenticata) e la mozione del consigliere di minoranza che impegna la Giunta a sostenere le amministrazioni comunali interessate e la Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri nelle fasi progettuali volte al recupero della strada della Val Caretta e concordare con le amministrazioni coinvolte un cronoprogramma e un corrispondente sostegno finanziario che concretizzi il recupero della strada della Val Caretta.
Il presidente della Giunta, Maurizio Fugatti, dichiarando il suo parere negativo, ha detto che la strada non pare idonea al recupero per il cicloturismo a causa delle pendenze eccessive e per i rischi geologici. Si tratta di un percorso tortuoso che attraversa rocce poco compatte e il tracciato è sovrastato da pareti rocciose pericoloso. La bellezza ambientale c’è, ma il pericolo è eccessivo. Del resto il percorso è stato abbandonato proprio perché interessato da frane. Metterlo in sicurezza, ha detto ancora il presidente, richiederebbe interventi di difesa per più della metà del percorso. Ciò comporterebbe oneri di due 3 milioni a chilometro, per un totale di 9 – 12 milioni. Il costo totale arriverebbe a superare i 15 – 16 milioni. Il presidente ha però detto che si può riaprire il percorso alpino per gli escursionisti.
Per il proponente Degasperi la prudenza manifestata dal presidente appare eccessiva, anche perché la strada è stata utilizzata per decenni e le pendenze non sono quelle dichiarate. C’è quindi, ha continuato, una volontà decisa di dire no al di là dei motivi tecnici.
Inoltre, la strada porterebbe benefici a una zona di minoranza, qual è Luserna, che si sta spopolando e a un turismo in difficoltà sul quale pesa la monocultura dello sci per il quale non si lesinano i milioni anche per impianti a 500 metri di quota. L’Oltre Sommo, ha detto ancora, non ha visto un euro di investimenti, mentre la Pat dà 6 milioni di euro all’Altipiano di Asiago.
Vengono investite cifre enormi per il Giro d’Italia ma l’esperienza dice che non resta nulla.
Un altro consigliere di maggioranza ha detto che, al di là dei problemi tecnici e di sicurezza della strada, il ragionamento va ampliato al modello di sviluppo turistico. E questo perché un intervento che oggi può sembrare difficile se inserito in un orizzonte più ampio può risultare invece importante.
Lucia Coppola, dei Verdi, che aveva presentato in passato numerosi atti politici sul tema, ha detto di essere rimasta colpita dall’intervento del presidente che ne ha fatta una descrizione eccessivamente negativa. Eppure, ha aggiunto, si realizzerà la ciclovia del Garda, dove i pericoli e l’impatto sono evidenti, e si spenderanno soldi per la seggiovia dei Francolini che non è certo indispensabile.
Ancora un consigliere ha detto che alla Giunta piacciono le grandi opere, tipo la galleria Adige – Garda e la Valdastico, che si sa già pericolosa dal punto di vista geologico.