Bacino alle Viote, le Funivie insistono: "Senza invaso, niente sci in Bondone". Il costo? 5-6 milioni di euro
Audizione del presidente Rigotti in Commissione Ambiente del Comune, con schieramenti opposti: «Se non c’è neve, gli sciatori vanno altrove», e «il cambiamento climatico chiede alternative»
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MONTE BONDONE. «Senza il bacino artificiale lo sci in Bondone morirà. Chiediamo un bacino compatibile con l'ambiente, lontano dal biotopo, forse persino con "zero" cemento armato. Ma per sostenere l'innevamento artificiale serve un surplus di 210mila metri cubi d'acqua. In questo modo possiamo garantire l'attività sciistica per i prossimi trent'anni».
Il presidente di Trento Funivie, Fulvio Rigotti, è intervenuto ieri in commissione ambiente insieme agli altri operatori economici, sottolineando i "pro" della realizzazione del bacino delle Viote, opera di cui si discute da anni.
Il presidente della commissione Andreas Fernandez (Europa verde) ha apprezzato il confronto: «Di recente abbiamo ascoltato i gruppi ecologisti, ora sentiamo gli operatori economici per raccogliere punti di vista importanti».
Rigotti ha sottolineato come, senza neve artificiale, gli impianti del Bondone non riuscirebbero a sostenere la concorrenza di altre località: «Le norme impongono spessori sempre maggiori nello strato nevoso per garantire la sicurezza. Inoltre, i gestori internazionali delle prenotazioni pretendono l'apertura di almeno il 50% delle piste, altrimenti procedono alle disdette. Dalle attività connesse allo sci in Bondone dipendono cinquecento famiglie».
È intervenuto Nicola Fruner, direttore della Scuola italiana Sci Viote, che conferma l'analisi di Rigotti: «L'anno scorso, prima delle nevicate naturali, siamo riusciti ad aprire solo un chilometro di pista, contro i due chilometri di altri territori vicini che si possono avvalere di bacini di innevamento».
Dello stesso avviso Paolo Torboli, presidente dell'associazione Operatori Monte Bondone: «Gli sciatori, se non trovano tanta neve, vanno altrove. Va allungata la stagione e lo si può fare solo con la neve programmata. Il bacino sarebbe una riserva d'acqua utile anche per altri fini come il contrasto alla siccità e lo spegnimento degli incendi. Inoltre, diventerebbe un'attrazione nel periodo estivo».
All'ipotesi bacino i consiglieri comunali in commissione hanno risposto con cautela. Federico Zappini (Trento Futura) esprime perplessità: «Le temperature continuano a crescere e serve un adattamento più radicale che non può passare solo per la tecnologia, anche perché la quota neve continuerà ad alzarsi di decine o centinaia di metri. Si punti sulla destagionalizzazione».
È cauto Giuseppe Urbani (Fratelli d'Italia): «È giusto lavorare per il rilancio delle attività economiche, ma con attenzione anche al territorio. Domando se il "sangue" con cui si riempirà il bacino debba essere solo l'acqua del Rio Vela, che ha un suo ecosistema delicato e fondamentale».
La risposta: «Non ci sono alternative al Rio Vela, preleviamo l'acqua solo quando la portata supera i 16 metri cubi al secondo, come prescrive la legge. Non c'è rischio che il Vela resti senz'acqua».
Sull'integrità dell'ecosistema delle Viote, Rigotti rassicura: «Il bacino non sarebbe collocato nel biotopo, ipotizziamo l'utilizzo di una conca naturale già esistente, che non richiederebbe grossi interventi con dighe in cemento armato. Il bacino farebbe ciò che hanno sempre fatto naturalmente i nevai: conservare l'acqua in quota. Si eviterebbe di pompare in quota l'acqua da Sopramonte, con un enorme risparmio energetico».
Rigotti ha detto il costo approssimativo dell'opera: «Si ipotizzano 5 o 6 milioni di euro, di cui metà a carico della Provincia».