Mario Brunello e i "Suoni delle Dolomiti": «non è da tutti suonare in quota e in spazi aperti»
Da quasi trent’anni è il direttore artistico della rassegna, che il 28 agosto ritorna fra le cime: «L’abbiamo spostata di un mese, in un periodo che non è dedicato al turismo»
TRENTO. «La musica può arrivare dove non si può immaginare. Ha la stessa attrazione delle vette per gli scalatori. Ho imparato che la musica vuole arrivare sempre più sù». Mario Brunello, violoncellista tra i più apprezzati della scena italiana e internazionale, parla della musica e della montagna con la stessa passione. Ma è con le grandi cime del Trentino che il musicista di Castelfranco Veneto ha un rapporto particolare. Ventinove anni fa partecipò alla prima edizione del Festival I Suoni delle Dolomiti, esperimento rivoluzionario di musica libera in alta quota che coinvolge pubblico e artisti in camminate sui sentieri tra cime, rifugi, malghe e radure, per aspettare l' alba ascoltando Bach o Haydn in paesaggi mozzafiato dal Primiero al Brenta alle Valli di Fiemme e di Fassa e Madonna di Campiglio.
Da anni, scherzando dice di non saper specificare quanti, è diventato il direttore artistico di questo appuntamento che in totale ha portato tra le montagne 1200 artisti, star e nuovi talenti. In vista della kermesse di quest' anno, che dal 28 agosto al 29 settembre proporrà 18 concerti, Brunello si è unito a un gruppo di camminatori per un assaggio dei luoghi delle esibizioni in Val Canali, all' ombra delle maestose Pale di San Martino, con i set estemporanei delle ragazze del gruppo folk pugliese Faraualla tra i ruderi di Malga Pradidali e del Coro Sass Maor lungo il sentiero Buzzati.
«Ci stiamo già preparando all' edizione del trentennale - dice all' Ansa - ma non ci saranno cambiamenti per non esagerare ed essere invasivi con la natura e la montagna, che è fragile e ha bisogno di cure e attenzioni. Il resto lo fanno la musica e gli artisti e tutti gli operatori che vivono in queste terre alte che noi vogliamo rispettare per quello che sono».
Classica, world music, jazz e canzone d' autore sono i filoni sui quali si sviluppa il cartellone dove spiccano, oltre a Brunello, Roberto Vecchioni, il contrabbassista francese Renaud Garcia-Fons, il Gurdjieff Ensemble armeno, la giovane stella del fado Carminho, i Violoncelli del Mozarteum e la Camerata Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam.
C' è un tema che lega generi così diversi? «La disponibilità degli artisti a misurarsi in spazi ampi e selvaggi dal punto di vista organizzativo, senza acustica o preparazioni. Gli artisti devono riempire questi spazi con la loro musica. E' la prima cosa che chiediamo e non tutti accettano. L' altro aspetto è lo spostamento di un mese in un periodo che non è dedicato al turismo e alla vacanza ma alla bellezza infinita della montagna.
La luce di settembre, le giornate che cominciano a essere fresche e si preparano all' inverno sono le più belle in assoluto».
Brunello considera ogni montagna ''una scala verso il cielo''. «Sono un buco al contrario, qualcosa in cui si si perde, per vedere cosa c'è al di là. Sono sentimenti e esigenze dell' intelligenza umana racchiusi dentro una cima, una vetta, una nuvola. La montagna continua a offrirle giorno per giorno, stagione per stagione».
Il fascino della musica e della montagna è che non sono misurabili in profondità né in altezza. «Non è una questione di metri. Per chi raggiunge una cima a fare la differenza è l' altezza interiore che riguarda ognuno di noi. Anche la musica è così. Basta uno strumento diverso, una maggiore o minore umidità e subito cambia la profondità».
Chiara Bassetti, fondatrice con Paolo Manfrini del Festival, ha ricordato: «Molti ci copiano ma prima di tutto non hanno le Dolomiti e poi lo fanno per un numero limitato di giorni e con una proposta ristretta. Qui per un mese, al di la del trekking di tre giorni, non ci sono biglietti da pagare, è musica libera a portata di mano».
Anche la traccia che ispirò la nascita dei Suoni delle Dolomiti non è cambiata. «Non è il paesaggio che fa il Festival - osserva Brunello - ma la voglia di natura e di spazio, non una somma di proposte turistiche ma una sfida altamente culturale vicina alle esigenze di ognuno di noi».