L'assalto turistico ai sentieri trentini, appello della Sosat: no alla montagna come Disneyland
Nei giorni in cui si vedono scene preoccupanti anche in alta quota e passi intasati da auto e moto, la sezione operaia della Società alpinisti tridentini chiede alle istituzioni competenti di "orientare in senso più responsabile le politiche nel settore"
ANALISI Alpi, turismo, economia: troppi motori in quota fanno male
IL FATTO Overtourism? Gita Sat, quattro ore e mezzo da Trento a Canazei
MISURE Semafori per i selfie e sensori, lotta al sovraffollamento turistico
DOLOMITI L'assalto dannoso del turismo "mordi e fuggi"
BOLZANO Niente stop ai motori sui passi dolomitici, limite a 60 orari
TRENTO. In molti reagiscono in questi giorni, di fronte a scene inquietanti, che arrivano da diverse zone del Trentino e dintorni, con sentieri d'alta quota letteralmente presi d'assalto da turisti ed escursionisti più o meno improvvisati. Emblematico quanto accade in questi giorni d'agosto sul sentiero, peraltro non facilissimo, che conduce dal Sass Pordoi al Piz Boè: turisti in fila indiana, in coda, per raggiungere la vetta e il rifugio Capanna Fassa, a quota 3.150, con vista sulla Marmolada.
Una ressa, in questo caso, certamente favorita dalla presenza della funivia che consente rapidamente di compiere senza fatica alcuna il primo salto di quota: dai 2.200 metri del passo Pordoi ai 2.900 e passa del Sass Pordoi.
Ma una ressa, in questo caso, certamente favorita anche dalla totale libertà di accesso in automobile e in moto al valico dolomitico.
Un meccanismo, quello dell'afflusso incontrollato ai passi d'alta quota, che si replica anche in altri punti, sia sulle Dolomiti sia altrove: da decenni questa è una criticità ben nota, sia per l'impatto ambientale (intollerabile inquinamento acustico, specie da motocicliette, ma anche atmosferico) sia per il caos stradale e nei parcheggi, un fenomeno ultradecennale e oggetto di vari studi istituzionali, tutti regolarmente finiti nel nulla.
Poi c'è anche la questione del traffico che intasa il fondovalle, anche qui le timide alternative trasportistiche offerte non hanno mitigato una tendenza che è al peggioramento continuo.
Se per il momento questa pressione turistica abnorme non viene seriamente affrontata tramite correttivi per ridurla, vien fatto di ipotizzare che sia perché per ora garantisce parallelamente una progressiva crescita anche del business. Forse si attende che siano i turisti stessi ad autoregolarsi, il giorno in cui non sopporteranno più di trovare anche a quota tremila l'affollamento delle piazze delle metropoli da cui provengono.
Nel frattempo, però, si rischia il degrado della montagna.
L'ultima voce a farsi sentire, oggi, 24 agosto, è quella della Sosat, sezione operaia della Società alpinisti tridentini: "Lanciamo solo un allarme, affinché si ponga un freno alla continua trasformazione della montagna in una Disneyland di massa, dove molte velleità, spesso assunte con grande leggerezza, si concludono troppo frequentemente con il provvidenziale intervento del Soccorso alpino. La montagna non è un parco pubblico privo di insidie; non è un giocattolo con il quale divertirsi senza alcun criterio, ma soprattutto non è un bene da usare e poi gettare, al momento del rientro dalle vacanze", scrive in una nota il presidente della Sosat Luciano Ferrari.
"Consapevoli che la qualità dell'offerta turistica non può essere legata esclusivamente alla quantità delle presenze, rivolgiamo quindi un appello ai responsabili pubblici locali, perché decidano di orientare in senso più responsabile le politiche turistiche, sostenendo e supportando un'idea rispettosa della montagna e dell'ambiente, attraverso una convivenza non consumata in pochi effimeri attimi.
In questa direzione, siamo certi, che troveranno tutto il sostegno e la collaborazione, non solo degli appassionati e degli operatori della montagna, ma anche dell'intera comunità trentina", conclude Ferrari.