Montagna / Il tema

L'esperto Giorgio Tecilla «Vigne in quota ok, ma senza pesticidi»

«Valutare caso per caso. Ci sta che si disboschi per coltivare in montagna, anche perché il clima è cambiato, ma, chiaramente, con alcune avvertenze, come evitare rischi idrogeologici o pendenze. «Mi preoccupa di più se si sostituiscono le aree agricole per l’edilizia. E negli ultimi 70 anni abbiamo perso la metà delle aree agricole. Soprattutto quelle di fondovalle»

INTERVISTA Salsa: «Nuovi vigneti ad alta quota? Se ben gestiti, non è tabù»

di Nicola Guarnieri

ROVERETO. «I vigneti in alta quota? Nessun problema. Disboscare va bene, basta evitare rischi idrogeologici». A sottolinearlo è Giorgio Tecilla, architetto e per anni dirigente Umse Urbanistica della Provincia e membro dell’Osservatorio del paesaggio. Il dibattito partito da Brentonico - che la consigliera provinciale dei Verdi Lucia Coppola ha portato in piazza Dante per criticare la trasformazione di un faggeto in area viticola - ha aperto una discussione sulla trasformazione delle terre alte da foreste a zone agricole. É un passaggio negativo o va bene così? «Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Il paesaggio è comunque oggetto a dei cambiamenti, non è affatto una cosa statica».

Intende dire che nel tempo è mutato di suo?

«Certo. Ci sono state trasformazioni eccezionali. Anche l’estensione del bosco è cambiata visto che ha invaso aree agricole abbandonate. In Vallagarina ci sono sempre stati terrazzamenti importanti che però si sono persi, addirittura la metà in cento anni. Si tratta di zone agricole che c’erano e poi sono scomparse».

In tanti, però, si lamentano di questa trasformazione da bosco a vigne. C’è qualcosa che potrebbe nuocere alla Natura?

«In linea generale, ripeto, ci sta che si disboschi per coltivare ma, chiaramente, con alcune avvertenze».

Quali?

«Come vengono trattati i suoli dal punto di vista morfologico? In caso di pendenze si deve capire se la trasformazione per uso agricolo è pesante per il terreno e se necessita di un’opera di sostegno per eliminare la pendenza. Così non va bene ed è uno dei problemi che si riscontrano quando trasformiamo un bosco in zona agricola».

Un altro aspetto?

«Capire come si fanno questi interventi, se sono colture che comportano l’uso dei pesticidi in quota. Ecco, in questo caso non è affatto desiderabile anche perché si altera l’ecosistema».

Insomma, senza calcare la mano con la chimica, un vigneto in montagna ci può stare?

«Non vedo niente di male che le attività agricole utilizzino spazi diversi. Mi preoccupa di più se si sostituiscono per l’edilizia. E negli ultimi 70 anni abbiamo perso la metà delle aree agricole. Soprattutto quelle di fondovalle: sono estremamente preziose e spesso si prende un campo e lo si trasforma in una strada o in capannone. Questo non va più bene».

Scambiare alberi con vigne, insomma, non è negativo come qualcuno lamenta?

«No, la conversione del bosco non è negativa. Anche perché c’è il cambiamento delle quote di coltura dettate dal cambiamento climatico, interessanti per l'agricoltura. In un territorio come il nostro, che per il 55% è bosco, se si coltiva in alto non c’è niente di male».

Dal punto di vista normativo come funziona questa «sostituzione»?

«Le norme sono finalizzate alla sicurezza del territorio. C’è un preciso vincolo idrogeologico che è la regola cui sono soggetti gli interventi che portano all’eliminazione del bosco. Subentra quindi una verifica tecnica per capire se quel terreno senza bosco diventa più fragile. I boschi, infatti, hanno la funzione di proteggere il territorio sottostante da frane. E la Provincia queste verifiche contro l’erosione le fa. Se poi ci sono movimenti terra importanti c’è anche l’ autorizzazione paesaggistica».

Il bosco, dunque, un po’ alla volta potrebbe diventare un campo, un vigneto, un grande orto?

«Al di là degli aspetti amministrativi, la sostenibilità di operazioni del genere va affrontata in termini non ideologici ma caso per caso. In situazioni economiche di un certo tipo il paesaggio rurale cambia, è sempre avvenuto. Ripeto, mi preoccuperei di più della sottrazione di aree agricole in fondovalle rispetto a quelle in quota ben fatte per le quali non ci sono problemi».

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