Emergenza climatica, ghiacciai malati: in Trentino a rischio 30 chilometri quadrati
Nell'anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai, il Muse scende in campo con iniziative, attività di ricerca scientifiche ed educative, mostre, proiezioni cinematografiche e tanti eventi a tema. Valeria Lencioni, conservatrice scientifica e coordinatrice dell’ambito clima ed ecologia, spiega quali sono le conseguenze concrete prevedibili per il territorio locale
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TRENTO - Nell'anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai, il Muse è pronto a scendere in campo con iniziative, attività di ricerca scientifiche ed educative, mostre, proiezioni cinematografiche e tanti eventi a tema, per sensibilizzare su un argomento di cui spesso si discute ma che, ad oggi, sembra destinato ad un viaggio di sola andata. I cambiamenti climatici infatti parlano chiaro: indietro, al momento, è impossibile tornare. E gli imponenti blocchi di ghiaccio che conosciamo e di cui oggi si discute animatamente, domani potrebbero non esistere più.Il 2025 in questo senso segna una tappa cruciale per le trasformazioni in atto.
L'Onu infatti ha riconosciuto i ghiacciai come indicatori chiave della crisi climatica che stiamo vivendo, dedicando loro un anno per spingere alla sensibilizzazione e alla conoscenza sul tema. La rapida fusione delle masse glaciali infatti rappresenta uno degli effetti più gravi dell'innalzamento delle temperature medie globali, con impatti profondi sugli ecosistemi e sulle economie locali.
Per questo, guardare i grandi malati del nostro ecosistema, aiuta a sensibilizzare la comunità anche sui comportamenti da tenere ogni giorno, tra scelte consapevoli ed esigenze di cambiamento.
Ecco allora che il programma del Muse si pone come obiettivo quello di coinvolgere un pubblico quanto più ampio possibile: saranno 80 in tutto gli appuntamenti, iniziative rese possibili grazie alla collaborazione con il dipartimento Protezione civile, foreste e fauna, il servizio Sviluppo sostenibile e aree protette, l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente, il Sistema bibliotecario trentino, il Comune di Trento ed un'ampia rete di enti di ricerca, musei, università ed associazioni.
«Siamo in un periodo di grandi cambiamenti e, in questo senso, il ruolo del Muse è quello di avvicinare le persone al mondo dei ghiacciai - ha spiegato il direttore del museo Massimo Bernardi - Vengono visti come distanti, remoti, freddi, "frizzati": tutti termini che li portano lontani da noi. In realtà sono molto più vicini, perché impattano sugli eco-sistemi e direttamente sulla nostra vita. Questo è ciò che i cittadini devono capire. E per aiutarli, metteremo in campo una serie di attività. Se il museo può avere un ruolo in termini di prevenzione, oltre alla sensibilizzazione? Credo proprio di sì, raccontando le esperienze che noi stessi, come ente museale, portiamo avanti da anni, lavorando concretamente sui ghiacciai con i nostri esperti».
Tra le iniziative più importanti sicuramente "Dal ghiaccio a noi - Le ricerche del Muse sui ghiacciai nell'Antropocene", la mostra che dal 21 marzo al 9 novembre troverà collocazione all'interno dello spazio Agorà del museo. Un allestimento che prende spunto dall'esperienza pluridecennale di ricerche svolte sul campo non solo dal Muse, ma anche dagli altri enti di ricerca trentini. Inoltre, nell'Agorà si terranno i "Dialoghi sul ghiaccio", fino alla fine dell'anno.
Insomma, un tema che verrà affrontato a trecentosessanta gradi, senza lasciare nulla al caso ma, soprattutto, con l'occhio attento di chi questo argomento lo conosce e lo affronta ogni giorno con rigore scientifico.
Valeria Lencioni, conservatrice scientifica del Muse nonché coordinatrice dell’ambito Clima ed ecologia nell’ufficio Ricerca e collezioni museali, da venticinque anni fa parte e coordina un gruppo di ricerca trans-disciplinare che tocca anche il tema dei ghiacciai. «Sono archivi naturali e fonte di dati sulle vicende umane e sulla storia della terra – ha spiegato, – ma c’è il serio rischio di perdere questo patrimonio entro la fine del secolo».
Dottoressa Lencioni, Lei da anni studia i ghiacciai e le loro evoluzioni: dunque, in quale direzione stiamo andando?
«Attualmente in Trentino abbiamo più o meno 30 chilometri quadrati di ghiaccio di superficie, dunque non permafrost o ghiaccio nascosto. Ma sebbene i corpi glaciali sul nostro territorio siano ancora circa 140, le loro dimensioni sono molto ridotte. I maggiori sono quello della Lobbia, del Lares, della Presanella e de la Mare. Le previsioni però sono decisamente tristi e, proseguendo su questo trend, dobbiamo aspettarci la scomparsa dei ghiacciai trentini entro la fine del secolo. Addirittura quello del Careser potrebbe estinguersi tra il 2040 ed il 2050».
Uno scenario cupo che ha però un altro risvolto: lo scioglimento dei ghiacciai infatti potrebbe portare alla luce microrganismi, sostanze o altri elementi potenzialmente pericolosi?
«Certamente, possono liberarsi sostanze o forme di vita di cui non conosciamo nemmeno il nome. Fondendosi, il ghiacciaio ci sta restituendo letteralmente un mondo nuovo. Ma non solo: ci sono infatti anche sostanze già note, cancerogene o inquinanti, ma di cui ci siamo dimenticati. E non dimentichiamo il lato storico: può capitare infatti, alle volte, che riemergano reperti di vecchi conflitti oppure ordigni bellici. È una vera e propria questione di sicurezza».
I cambiamenti climatici dunque sono innegabili…
«Ci troviamo davanti ad una profonda crisi climatica che è ormai sotto gli occhi di tutti. E coinvolge tutto il mondo, anche se in forme diverse. I dati delle ricerche ci indicano una serie di possibili futuri, ma dobbiamo prepararci a viverli senza i ghiacciai. Non si tratta più quindi solo di trovare le misure di mitigazione, ma anche di adattamento a quelli che saranno gli scenari di domani».