Il figlio di Maestri scrive a Messner: «Rispetti mio padre»
Scrive Gianluigi Maestri: «In un certo senso con questo mio scritto mi dispiace fare pubblicità a questa sorta di “multinazionale Messner & Co.”. Non ne ha bisogno, dal punto di vista mediatico è fortissima, in poco spazio temporale ha pubblicato centinaia di libri (probabilmente le parole scritte su questi sono più dei passi fatti in montagna dal noto scalatore Reinhold Messner), ha prodotto film, documentari, conferenze, consulenze, interagendo nel mondo della montagna e della pubblicità commerciale in un modo unico nel suo genere. Per questo motivo parlare del suo nuovo documentario/film sulla salita del Cerro Torre fatta nel 1959 da Toni Egger e Cesare Maestri che sta girando in questi giorni, potrebbe essere superfluo visto che ormai la notizia è uscita su tutti i quotidiani ed in rete.
Purtroppo invece sono costretto a scrivere queste mie righe per evidenziare una cosa fondamentale che probabilmente a molti passa inosservata.
Come ogni “multinazionale” che “si rispetti”, ritengo che anche questa sorta di “multinazionale Messner & Co.” (per semplificare la lettura da ora in poi la chiamerò “m.M.&Co.”), ha un massiccio ritorno economico sul proprio operato. In questa ottica lavora e si esprime trovando canali mediatici che diano proficuo risultato su quanto prodotto. Il documentario in questione, a detta della “m.M.&Co.” sarà girato con attori e avrà la regia di Reinhold Messner, si baserà su fatti presunti, o su verità assolute che ormai Messner ha l’abitudine di far digerire a tutti visto che si trova in una posizione di dominio mediatico nel mondo alpinistico, con una supponenza che credo sia molto vicina a quella dell’oracolo di Delfi. Logicamente, agli attori che interpreteranno Toni Egger, Cesarino Fava, Cesare Maestri o chiunque altro, farà fare e dire cose che abbiano un forte impatto sul pubblico, proponendo la sua visione dell’accaduto discostandosi dal reale svolgimento storico della vicenda.
A questo punto della sua vita, Cesare non ha più la voglia di entrare in polemiche, ma soprattutto ormai alle soglie dei 90 anni non ha più la forza e nemmeno la capacità di ribattere o di contestare quanto gli accade in questi ultimi scampoli di vita. Toni e Cesarino non ci sono più e il fatto che si voglia entrare in ricostruzioni storiche senza la possibilità di alcuna contestazione da parte dei diretti interessati, ne dice molto sulla bassezza di questo futuro film.
Per questo motivo, mi sento di entrare io nella testa di Cesare e di interpretare quanto dico come se fossi lui stesso, conoscevo molto bene anche Cesarino Fava e con sua figlia Andrea siamo da tutta la vita come fratelli.
Cesare ha sempre sostenuto che la parola data da un alpinista sulla propria salita deve essere ritenuta sacra, altrimenti tutta la storia dell’alpinismo dovrebbe essere riveduta e corretta magari tramite valutazioni soggettive o prove confutabili. Certe acclamate imprese ancora oggi sono tali perché è stata data fiducia all’alpinista che le ha compiute ed anche sul modo in cui le ha portate a termine.
Leggo per esempio una “verità assoluta” rilasciata ai giornali da Messner: «con la seconda salita con il compressore Maestri ha dimostrato di non essere salito la prima volta nel ’59, perché se vuoi dimostrare di essere già salito in precedenza scegli la stessa strada e lo stesso metodo oppure uno simile, e non un altro metodo». Me lo vedo Messner mentre pronuncia questa arringa, con il suo accento tedesco/italiano con l’enfasi di un frigorifero alla massima potenza e con una sensibilità ed umanità che rasenta il freddo di un ghiacciolo.
Cesare non è mai stato così, Messner non lo potrà mai capire, troppo distante caratterialmente e culturalmente nelle forme di vita che gli appartengono. Cesare ha scelto di cambiare versante e via nel 1970 perché considerava fosse stato un azzardo ai limiti dell’incoscienza la salita del ’59, e con l’esperienza vissuta in quel frangente decise che quel lato di montagna ponesse meno in pericolo le persone che vi arrampicavano. Per quanto riguarda il “metodo”, Cesare è sempre stato un precursore di stili di arrampicata e il compressore da 110 chili non faceva altro che anticipare i trapanini elettrici di neanche un chilo usati ora. Aggiungo che ai tempi non esisteva un’etica sul come affrontare la montagna, l’importante era salirci ed anche scalatori famosi come Bonatti e molti altri mostri sacri dell’alpinismo usarono per esempio le staffe. A quanto sento nei discorsi fatti da Cesare, lui stesso oggi arrampicherebbe con un diverso sistema e ammira i giovani scalatori che oggi affrontano la montagna senza ausilio di mezzo alcuno. Ma ripeto, non posso pretendere che uno come Messner questo lo capisca.
Ma continuando sulla salita del 1959 (60 anni fa), ecco che la “m.M.&Co.” ha bisogno di collaborazione esterna, in quanto Messner non ha mai messo una mano sul Cerro Torre, lo ha sempre e solo visto da un elicottero. Per trovare la “verità assoluta” questa volta viene usata l’esperienza di un altro arrampicatore che è riuscito a salire quel versante della montagna, non per la via Egger Maestri, ma facendo un altro tragitto e soprattutto in altre condizioni atmosferiche, che ora non hanno nulla a che vedere con quelle dell’epoca (il clima nella zona del Torre è profondamente cambiato, come in tutte le altre parti del mondo, adesso in parecchi periodi dell’anno c’è addirittura scarsità di nevicate). Questo arrampicatore sostiene che Toni e Cesare non vi salirono perché dopo un tratto iniziale in cui trovò resti di materiale, più avanti non trovò più segni di passaggio, e qui per la “m.M.&CO.” il terreno è fertile per una sua “verità assoluta”. Non tiene conto però dell’intervento che fece all’epoca Cesarino Fava e che riporto qui: «che Toni Egger e Cesare Maestri abbiano raggiunto la vetta del Cerro Torre io non ho dubbio alcuno. In quel preciso momento il Cerro Torre era come un gigantesco “iceberg” di neve e ghiaccio smaltato dai venti umidi dell’Ovest e indurito dal freddo. E Toni Egger aveva anticipato di almeno dieci anni l’arrampicata sul ghiaccio. Si è trattato della cordata più forte e completa che al tempo si poteva immaginare».
Cesare nel corso della sua carriera alpinistica, anche se avrebbe potuto non si è mai nemmeno sognato di attaccare altri alpinisti per storie di dubbie salite o morti di propri compagni di cordata, e nemmeno di salite storiche su degli 8.000 fatte con delle “prove leggere” che avrebbero potuto anche essere attaccate. Ma lui ha umanità da vendere, qualità che a molti manca.
Ma non è finita qui, già ora la “m.M.&CO.” fa capire che non è nemmeno d’accordo sul fatto che Cesare sia arrivato in cima al Torre nel ’71 (a meno che non intenda in cima al fungo sommitale che si modifica nel corso delle nevicate, Cesare ha sempre detto che sopra il fungo non ha ritenuto di doverci andare perché fittizio), facendo finta di dimenticare che Cesare non era solo, ma con i compagni di arrampicata Carlo Claus ed Ezio Alimonta. A quando l’uscita di libri e film sulla contestazione di questa salita?
Ma questo è il businnes, bisogna farci il callo.
D’altronde le contraddizioni di Messner mica le invento io: Deputato Verde in politica ma aperto nei confronti della caccia nella realtà, alla ricerca dell’acqua pura nella pubblicità per aumentare le vendite di quell’azienda facendo danni all’ambiente per il trasporto su strada della merce, animalista ma nello stesso tempo pubblicitario dello speck, per ultima la polemica con Jovanotti per il concerto di due ore di un cantante che per antonomasia è da sempre vicino all’ambiente, Messner stesso costruisce un museo di dubbia immagine montana che nello stesso posto convoglia centinaia di migliaia di persone a vedere pezzi pregiati “portati” da lui personalmente dal Tibet.
Quello che spero di essere riuscito a spiegare, è il fatto che si debba smettere di speculare su mio padre, le montagne sono stupende, peccato che ci siano anche gli umani».