#iorestoacasa: Simone Sassudelli «Grease è stato magico Adesso rivoglio l'America»

Simone ha un sogno immenso

di Giorgio Lacchin

«Faccio il babysitter».

Figli tuoi?

«Nooo...».

E di chi?

«Mio fratello Federico».

Il Bastard Son(s) of Dioniso!

«Lui. Il batterista».

Ma quanti figli ha?

«Due, di 8 e 6 anni. Non so come abbia fatto. Un eroe!».

Un giorno anche tu, Simone, sarai un eroe?

«Per ora non ci penso».

Simone Sassudelli pensa a un grande palcoscenico e una grande musica, e lui che balla e canta. Simone ha un sogno immenso come l’America, che ha già fatto suo e dunque non è propriamente un sogno ma un traguardo da riconquistare, appena il mondo riaprirà le porte. Simone ha 25 anni e la voglia di scommettere su se stesso.

Simone babysitter, adesso.

«Non solo».

Il resto cos’è?

«Tutto quello che ho sempre voluto fare ma ogni volta rinviavo: imparare a cucinare, ad esempio».

Simone il cuoco.

«Faccio pane, torte, piatti vari».

Per la morosa?

«Per me».

E la morosa?

«Non si dice».

Ma ce l’hai?

«Non si dice».

Okay.

«Poi ovviamente faccio tutto ciò che “devo” fare: danzo, grazie a una sbarra che io e mio padre abbiamo sistemato in casa. Seguo sui social le lezioni di danza dei miei insegnanti americani. Scrivo canzoni, con l’aiuto di mio fratello. Studio tanto».

Non perdi tempo.

«All’inizio ho avuto un momento di sbandamento perché vedevo chi si “sbatteva”, come i medici, gli infermieri. E io cosa diavolo posso fare! mi chiedevo».

Noi possiamo fare molto poco, purtroppo.

«Poi ho capito: dovevo essere me stesso, dare ciò che potevo dare, nel mio ambito».

Che è l’arte.

«Un contributo artistico, appunto. L’arte non è inutile, neanche in questi momenti. L’arte alleggerisce lo spirito, la mente. Quando uno è triste ascolta musica, guarda un film e il cuore si risolleva. Ora più di sempre sto capendo perché faccio ciò che faccio».

E come sei arrivato a fare ciò che fai?

«Due anni a Milano alla Scuola del musical e un’audizione a Londra per l’Academy di Los Angeles».

La fai facile.

«Ho sempre avuto le idee chiare, anche troppo, e i miei si spaventano».

Come l’hanno presa?

«Dissi loro che andavo a Londra per i cavoli miei, non per un’audizione.
Una di quelle bugie... a fin di bene».

Birbante.

«E il provino andò bene».

E fu l’America.

«Yes».

Ora dove sei, Simone?

«A Vigolo Vattaro, in casa».

La casa della famiglia?

«Sì, con terrazzo e giardino. Sono fortunato. E attaccato a noi abita Federico con la sua famiglia. Ecco perché riesco a fare il babysitter».

Prima che scoppiasse l’emergenza eri in tournée con la Compagnia della Rancia per il musical Grease . Fai la parte del protagonista, quella che lanciò John Travolta.

«L’ultima data è stata a fine febbraio, a Firenze. A marzo avremmo dovuto esibirci a Varese e Milano: pazienza!».

Forse quelle date verranno recuperate.

«A settembre. Forse».

All’Auditorium Santa Chiara di Trento avete fatto il tutto esaurito.

«Due sere su due. Bellissimo! Sono stati giorni forti: c’erano tutti, amici, parenti, i miei primi professori».

Una rimpatriata.

«L’intero tour, in effetti, è stato da tutto esaurito».

Hai messo a frutto gli insegnamenti ricevuti negli Stati Uniti.

«Per due anni ho studiato all’Academy a Los Angeles e per un anno ho lavorato, sempre in California».

Vuoi dire che hai recitato.

«Ovvio, con teatri regionali, ma che hanno nel team creativo gente esperta. Gente che lavora a Broadway».

Il sogno americano.

«La speranza è di sognare ancora; di tornarci. Avevo in mente di farlo dopo il tour di Grease , c’erano delle offerte di lavoro ma è scoppiata la pandemia e s’è bloccato tutto. Ma ci sto lavorando».

Maledetta pandemia!

«Chi se lo immaginava... Sono preoccupato per i miei cari, per gli amici che ho qui e in America. Questa situazione mi ha fatto capire che, in realtà, siamo più uniti di quanto pensassi».

Tutti quanti.

«Ognuno di noi è parte di qualcosa di più grande e questo mi conforta e mi fa sentire meno solo, anche se il contatto umano mi manca».

Ora siamo tutti “mascherati”.

«Al supermercato ho visto un’amica. Parlarsi attraverso le mascherine è...».

...triste.

«Peggio».

Ne uscirai cambiato?

«Meno cellulare, più attenzione alle persone “reali”, quelle intorno a me. Certo che cambierò!».

E quando l’emergenza finirà? La prima cosa che farai.

«Chiamo tutti gli amici per una megapasseggiata che duri un giorno intero. Per ora ci consoliamo collegandoci per un aperitivo, due risate, un compleanno».

Anche gli americani?

«Americani e italiani. E stiamo organizzando una festa di laurea».

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