Addio a Mauro "Mauretto" Broilo, istituzione del volley trentino

di Matteo Lunelli

Chiunque in Trentino abbia fatto almeno un bagher o un palleggio da fine anni Ottanta in poi ha conosciuto Mauro Broilo. Anzi, più probabilmente ha conosciuto "Mauretto", come tutti lo chiamavano. Giocatore, poi allenatore e dirigente, è stato un'istituzione della pallavolo regionale. Oggi si è arreso, per la prima volta in vita sua: la malattia lo ha portato via a 51 anni, lasciando solamente lacrime in chi l'ha conosciuto, nei campi e nei campetti, nei tornei regionali e nazionali ma anche e soprattutto in quelli estivi. Perché non esisteva torneo senza il Mauretto. Che portava sorrisi e allegria, scherzi e aneddoti, qualche birra e una scusa per stare insieme. 

Questi mesi, mentre lottava, li avrebbe odiati comunque: perché lui era sempre l'uomo degli assembramenti e del non distanziamento sociale. La tavolata al ristorante dopo la partita, oppure la cena con i tantissimi amici, la simpatica "irruzione" in campo durante il 3x3 di Cognola o il torneo di Sella, l'abbraccio convinto a compagni o avversari. Se in campo ci si scornava, caduto l'ultimo pallone Mauretto era amico di tutti: con lui erano chiacchiere e commenti, scherzi e organizzazione della serata. E se c'era lui le squadre avversarie erano amici con i quali cenare insieme e divertirsi. Un vero collante, un riferimento per chiunque l'abbia conosciuto. E i suoi tantissimi amici non l'hanno mai lasciato solo, nemmeno nelle ultime settimane: proprio come piaceva a lui si presentavano a decine, ogni giorno, per salutarlo, scambiare qualche chiacchiera, ricordare qualche aneddoto, seppur a distanza. 

Difficile dire quale era la sua squadra, tanto è stato capace di lasciare il segno ovunque sia andato a giocare o allenare. E' stato un mito dell'Argentario, del Molveno, dell'Ausugum, del Basilisco. Ma come detto con lui le maglie si indossavano giusto il tempo della partita, poi si era tutti dalla stessa parte, tutti insieme a ridere e festeggiare. Forse anche per questo nei tornei estivi, quelli dove le maglie sono tutte colorate, dove si è tutti un'unica squadra, si trovava a suo agio, coinvolgendo e divertendo a suon di battute e divertimento. D'altra parte in campo era un palleggiatore e quindi coinvolgere tutti nel gioco era il suo mestiere. A proposito di lavoro, un grande vuoto lo lascia anche alle Cantine Ferrari, di cui era dipendente da tanti anni. E anche lì era stato capace di farsi amare e apprezzare da tutti. 

A centinaia già questa mattina i messaggi di cordoglio su Facebook, con le lacrime che si mischiano ai sorrisi dei ricordi e degli aneddoti, pensando a quella volta che... 

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