Patrizia Niccolini: "Il buio inaccettabile della violenza"

di Patrizia Niccolini

«Un viaggio in Europa alla ricerca della notte autentica, senza inquinamento luminoso, dove le stelle hanno la forza di bucare la coperta nera del cielo». Dopo "Pastore di stambecchi" il nuovo libro di Irene Borgna è dedicato alla ricerca dei "Cieli neri".

Luoghi dove si può ancora assistere allo spettacolo della notte stellata. L'autrice racconta aspetti economici, antropologici, sociali, poetici e simbolici e per l'alpinista e scrittore Enrico Camanni «il punto di vista è eversivo: Borgna sostiene, ragionevolmente, che la civiltà contemporanea abbia cancellato con l'inquinamento luminoso una delle condizioni fondamentali della vita umana, animale e vegetale.

Dal punto di vista narrativo è stupefacente viaggiare alla ricerca delle notti perdute; dal punto di vista psicanalitico è ancora più sconvolgente, perché si affrontano le dimensioni dell'oscurità, del silenzio e dell'immensità, che sono le uniche che potrebbero trarci dall'impaccio di una crisi epocale». Dalla cultura greca abbiamo ereditato la contrapposizione luce-buio, associando alla prima il bene, il sapere, la verità, al secondo il male, l'ignoranza, la falsità.

Ne scrive la filosofa Francesca Rigotti in "Buio" (Il Mulino, 2020), osservando che se le cose fossero sempre illuminate, ciò diventerebbe «insopportabile per occhi e mente, condannati a non cogliere più nemmeno la bellezza di un cielo stellato.

Troppa luce sulla Terra? Sì. Eppure il buio è bello. Il buio dell'intimità, dell'introspezione, della calma serale, del riposo notturno».

Poi c'è un "buio" inaccettabile, quello della violenza. Il 21 febbraio Deborah Saltori è stata uccisa a Cortesano dal marito Lorenzo Cattoni, dal quale si stava separando, agli arresti domiciliari in seguito alla denuncia da lei stessa fatta pochi mesi fa dopo anni di maltrattamenti.

Lui l'aveva detto che l'avrebbe uccisa e quando inizieremo a prendere sul serio quelle che non sono chiacchiere da spacconi al bar?

Quando faremo sentire le donne abbastanza credute e protette da non decidere di andare da sole a quello che diventa l'ultimo incontro? Quando la comunità agirà invece di sottovalutare? Siamo in ritardo. Dopo il femminicidio di Clara Ceccarelli, uccisa dall'ex-compagno il 19 febbraio nel suo negozio a Genova, Lorella Zanardo ha scritto sulla sua pagina facebook «Il corpo delle donne»: «Si era, pare, pagata il funerale, dunque immaginava potesse accadere. La politica finge di darsi da fare. Invece fa poco, culturalmente niente. Non si da avvio ad iniziative culturali nella scuola, nella famiglia, nei media. Poi, noi non protestiamo seriamente (...) che le donne vengano ammazzate non ci fa reagire». Le relazioni, di qualsiasi tipo siano, devono essere improntate al rispetto e al consenso reciproco e il «Fermiamo i femminicidi» detto a più voci in piazza S.Maria Maggiore sabato 27 febbraio non basta, arriva dopo. Dopo la morte di Agitu, ora dopo quella di Deborah.

La violenza non è amore, va subita respinta in ogni forma al primo manifestarsi, e il concetto di "perdono" che porta a sopportare per anni violenze ingiustificabili va scardinato.

La violenza non riguarda solo la donna, riguarda la sua famiglia e quella dell'uomo maltrattante, gli amici di entrambi, i datori di lavoro, la parrocchia, la scuola frequentata dai figli, i luoghi della vita quotidiana dove la donna resta sempre esposta a minacce, ricatti, stalking fino all'epilogo annunciato.

Nessuno però si sente veramente responsabile o direttamente coinvolto e casomai ci si limita a consigliare di rivolgersi al Centro Antiviolenza, alle forze dell'ordine, al Pronto Soccorso. Invece è proprio lo spazio intermedio tra quello delle leggi e delle campagne di sensibilizzazione quello in cui è indispensabile introdurre fattori protettivi concreti: smettiamola di dire alla donna cosa dovrebbe fare, lasciandola sola al suo destino, per poi protestare davanti ad una panchina rossa o ad una sedia vuota in chiesa, simboli di una presenza assente che interpella: «dove eravate quando avevo bisogno di voi?».

Una comunità corresponsabile agisce "al plurale" e non dice alle Deborah che incontra "vai" ma "andiamo", preoccupandosi di proteggere anche i minori che assistono ai maltrattamenti e che poi diventano orfani.Come tesi di laurea alla Rhode Island School of Design, la giovanissima illustratrice americana Pilar Garcia-Fernandezsesma ha realizzato "Ciervo", cortometraggio animato sul tema della violenza domestica, significativamente senza dialoghi e dal finale aperto, premiato in tutto il mondo e ora disponibile online su vimeo.com/414954733. Protagonista una ragazzina alla ricerca dell'indipendenza rappresentata da un bellissimo cervo che scappa dalla violenza che il padre esercita sugli animali, sulla moglie e su lei stessa. In caso di emergenza: 112, 1522 attivo 24 ore su 24 tutti i giorni, Centro Antiviolenza di Trento: 0461.220048, centroantiviolenzatn@gmail.com.

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