Il secondo processo a Vicenza sull'inquinamento da Pfas Regione Veneto parte civile
Oggi si è svolta a Vicenza, la prima udienza preliminare relativa al secondo troncone del processo nei confronti dei vertici della Miteni per l’avvelenamento delle acque da PFAS, sostanze molto pericolose per l'ambiente e per la salute, nel quale si procede per lo sversamento nella falda acquifera della sostanza c.d. GenX, per l’inquinamento ambientale e per i reati di bancarotta relativi al fallimento della società Miteni S.p.A.
Secondo la ricostruzione accusatoria formulata dalla Procura della Repubblica di Vicenza, i vertici di Miteni S.p.A. - individuati nelle persone di Mc Glynn Brian Anthony, Presidente del C.d.A. di Miteni S.p.A. dal 27.04.2015 al 1.6.2017, di Leitgeb Martin, Presidente del C.d.A. di Miteni S.p.A. dal 1.6.2017 al fallimento, di Nardone Antonio Alfiero, componente del C.d.A., Consigliere delegato dall’11.12.2015 e Procuratore speciale di Miteni S.p.A. con atto del 8.6.2016 e di Drusian Davide in qualità di procuratore speciale della Miteni S.p.A. dal 12.2.2013 - avrebbero consapevolmente sversato nella falda acquifera il rifiuto pericoloso cod. CER 07 02 01 ovvero CER 190211, contenente la sostanza HFPO-DA (commercialmente noto come Genx) e, consequenzialmente, avrebbero determinato una compromissione ovvero un deterioramento significativo e misurabile delle acque sotterranee insistenti sotto il sito industriale di Miteni S.p.A.
A quest’ultimo proposito, agli atti d’indagine è stata acquisita una relazione tecnica dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che conclude nel senso che «si ritiene che un deterioramento e una compromissione delle acque sotterranee significativo e misurabile per effetto di un inquinamento da GenX e C6O4 sia stato accertato».
PFAS, IL DOCUMENTARIO DI ANDREA TOMASI
Vista la gravità delle condotte contestate dalla Procura della Repubblica, la Regione Veneto si è costituita parte civile con l’avv. Fabio Pinelli preliminarmente per accertare i fatti e le responsabilità per le vicende indicate e, successivamente, per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale per le spese sostenute in ragione dell’inquinamento e del danno alla salute dei cittadini veneti.
All’udienza odierna, poi, la Regione, ha formulato la richiesta di citazione dei responsabili civili, al fine di poter giungere - in caso di pronuncia di sentenza di condanna degli imputati - ad un risarcimento anche da parte delle società coinvolte nelle ipotesi di reato in questione.
Il giudice dell’udienza preliminare ha accolto le richieste e ha disposto la citazione di Miteni S.p.A. in fallimento e della società lussemburghese International Chemical Investors S.E., controllante di Miteni.
Il processo è stato rinviato all’udienza del 22 marzo 2021, alle 10 e in quella data si valuterà la riunione di questo procedimento con quello principale, che è stato rinviato allo stesso giorno e, eventualmente, si procederà alla discussione dell’udienza preliminare.
Legambiente: sostanze responsabili di gravi patologie
Le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) sono composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili all'acqua, allo sporco e all'olio. Vengono adoperate per numerosi prodotti come per esempio impermeabilizzanti per tessuti, pelli e carta oleata oppure tappeti, divani, sedili delle auto e contenitori per alimenti.
Ma l'utilizzo più noto è probabilmente quello che se ne fa come rivestimento antiaderente delle pentole e dei tessuti impermeabilizzanti e tecnici.
Legambiente in un rapporto spiega come "a livello medico i Pfas siano riconosciuti come cancerogeni e responsabili di una serie di altre gravi patologie".
In Veneto - viene osservato - la contaminazione delle acque superficiali e le acque di falda da Pfas ha come "principale fonte" lo scarico industriale. La scoperta dell'inquinamento in corso - osserva Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto - è avvenuta a seguito di uno studio del Cnr: i ricercatori nel 2013 evidenziavano come le elevate concentrazioni di Pfas destassero 'preoccupazione dal punto di vista ambientale e un possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevevano quest'acqua".
L'area interessata si estende tra le province di Vicenza, Verona e Padova; la falda da cui si preleva l'acqua serve una popolazione di circa 400 mila abitanti. "E' qualcosa che non dovrebbe essere presente nell'acqua e tanto meno nel sangue delle persone come invece è emerso - rileva Lazzaro - e tra l'altro potrebbe non essere soltanto nell'acqua che si beve ma la situazione preoccupa anche per la possibilità che possa trovarsi negli alimenti. Dal punto di vista sanitario l'allarme - prosegue - è in itinere con un piano di monitoraggio sui cittadini dai 14 ai 65 anni; mentre sul fronte ambientale siamo assolutamente fermi: non si interviene ne' dal versante giudiziario ne' con le bonifiche". Tra le possibili soluzioni, conclude Lazzaro, quella di "spostare la presa dell'adduzione dell'acquedotto".
Medici per l'ambiente: una grave emergenza per ecosistema e salute
Una delle più gravi emergenze ambientali mai affrontate, che richiede studi epidemiologici e una mappa dei pozzi: così l'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (Isde) ha definito la situazione determinata in Veneto dalla contaminazione da Pfas.
I medici dell'Isde hanno rilevato che "in Veneto, nelle province di Vicenza, Padova e Verona con la contaminazione da Pfas, acidi usati nei processi industriali e poi sversati per decenni nel suolo e nelle falde acquifere, è in atto una delle emergenze sanitarie ed ambientali più gravi che il nostro Paese abbia mai dovuto affrontare".
Necessari, hanno proseguito, anche "la mappatura completa dei pozzi privati, una Legge Nazionale che obblighi a dosare le Pfas prima che i fanghi di depurazione siano sparsi sui terreni agricoli come fertilizzanti, studi epidemiologici ben fatti a disposizione della comunità scientifica e che il limite di Pfas nell'acqua sia pari a zero".
L'Isde rileva inoltre che per coloro che non autodenunciano il possesso di pozzi privati, la Regione non prevede alcuna sanzione, le analisi vengono eseguite a spese del proprietario e in caso di sforamento dei limiti regionali non vengono chiusi.
Il presidente di Isde Veneto, Vincenzo Cordiano, ha detto che "le analisi degli alimenti della Regione Veneto sono state pubblicate senza indicare il punto in cui sono stati eseguiti i prelievi, creando confusione". Per questo, ha aggiunto, "sono necessari studi epidemiologici ben fatti, come ribadito dagli stessi consulenti della procura di Vicenza nel processo in corso alla Miteni di Trissino per il decennale sversamento in falda degli scarti di produzione". Per Cordiano "il piano regionale di controllo sanitario non può essere considerato tale poiché partecipa solo il 60% dei 70.000 invitati ed esclude i soggetti sotto i 10 e sopra i 65 anni, donne in gravidanza e neonati".
In questo modo, ha aggiunto, "si corre il rischio di un enorme spreco di risorse senza che vengano realmente tutelate le fasce più a rischio dei potenziali effetti tossici degli interferenti endocrini". Per Isde i limiti di 100 ng/l per tutte le Pfas previsti in Europa nell'accordo preliminare sulla direttiva acque "sono altissimi". Cordiano ha osservato che "basta un solo nanogrammo per litro nell'acqua di Pfoa (acido perfluoroottanoico), una delle molecole più tossiche, per raggiungere nel sangue, nel giro di un paio di anni, concentrazioni potenzialmente tossiche specie per neonati, gravide e anziani".