Perché in tre giorni 25 milioni di utenti hanno lasciato Whatsapp (e sono andati su Telegram)
Impennata dell’app di messaggistica Telegram dopo la notizia della modifica di WhatsApp ai suoi termini sulla privacy a partire dall’8 febbraio, che non interesserà però l’Italia e l’Europa dove vige dal 2018 il Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. Telegram ha registrato 25 milioni di nuovi utenti nel mondo nelle ultime 72 ore, come ha dichiarato il suo fondatore, nato in Russia, Pavel Durov.
L’app aveva oltre 500 milioni di utenti attivi mensilmente nelle prime settimane di gennaio - WhatsApp ne ha due miliardi - e “25 milioni di nuovi utenti si sono iscritti a Telegram solo nelle ultime 72 ore. - ha specificato Durov - Le persone non vogliono più scambiare la loro privacy con servizi gratuiti”.
Per il fondatore di Telegram, l’app è diventato il “più grande rifugio” per chi cerca una piattaforma di comunicazione privata e sicura e ha assicurato ai nuovi utenti che il suo team “prende molto sul serio questa responsabilità”.
Un’altra chat che ha registrato una impennata di download nei negozi digitali dopo le critiche a WhatsApp è Signal, raccomandata anche da Elon Musk, attualmente l’uomo più ricco del mondo e patron di Tesla e Space X.
“Nonostante l’obbligo di accettare i nuovi termini del servizio non ci sarà un aumento della condivisione di dati tra società diverse né alcun genere di cambiamento significativo”, spiega all’ANSA Ernesto Belisario, avvocato esperto in diritto delle tecnologie che sottolinea come “alcuni dati già venivano condivisi tra WhatsApp e Facebook, come ad esempio la mail con cui gli utenti si registrano al servizio o le informazioni sul dispositivo da cui viene usata l’app. Whatsapp ha chiesto agli utenti di accettare i nuovi termini di servizio e non di prestare un nuovo consenso privacy, una prassi frequente”, sottolinea l'avvocato.
Ma le altre chat sono più sicure?
Sull’argomento è intervenuta anche «Visionari No Profit», una associazione italiana per la promozione e la divulgazione di scienza e tecnologia per il miglioramento della società, che mette oggi in guardia gli utenti dai rischi connessi alla privacy dei servizi di messaggistica per smartphone.
IN ITALIA PSICOSI PRIVACY INGIUSTIFICATA, TUTTI I SERVIZI DI MESSAGGISTICA ACCEDONO A DATI UTENTI. ECCO LE DIFFERENZE TRA WHATSAPP, TELEGRAM E SIGNAL SUL FRONTE DELLA RACCOLTA DEI DATI
«Dopo l’avviso diffuso da WhatsApp circa le nuove condizioni contrattuali e i termini di servizio dell’applicazione, In Italia si sta registrando una vera e propria psicosi di massa che spinge gli utenti a passare ad altre applicazioni di messaggistica come Telegram e Signal – spiega Visionari – Tuttavia in pochi sanno che tali servizi utilizzano spesso gli stessi codici e raccolgono, al pari di Whatsapp, una serie di informazioni dei cittadini che ne fanno uso.
Ad esempio WhatsApp e Signal utilizzano lo stesso codice di crittografia per i messaggi: quello sviluppato da Open Whisper Systems (che è la fondazione che ha creato Signal); Telegram, invece, non ha una crittografia End to End (E2E) (ovvero, i messaggi non sono crittografati sui server di Telegram) e si può risalire quindi al loro contenuto».
Le uniche chat di Telegram che hanno una crittografia, sono le “chat segrete”. Bisogna dunque iniziare a messaggiare con qualcuno tramite chat segreta, se si vuole avere una chat crittografata – informa Visionari.
Non solo: Telegram, alla pari di WhatsApp, rileva e condivide metadati (posizione, soggetti a cui abbiamo inviato messaggi, durata delle conversazioni, ecc.) e non si conosce la destinazione dei dati degli utenti raccolti dalla società.
Signal al momento non raccoglie metadati e sembra offrire un’alternativa, trattandosi di una fondazione e non di un’azienda privata. Tuttavia raccoglie comunque informazioni come il numero di telefono dei propri utenti, e ad oggi non è dato sapere se e come siano utilizzate tali informazioni.
Ad oggi, passare da WhatsApp ad altre piattaforme di messaggistica risulta piuttosto inutile – informa Visionari – Questo perché la quantità o le tipologie di dati raccolti non sono elementi utili a definire la sicurezza di un servizio di messaggistica istantanea, né a livello informatico, né a livello di privacy, senza contare che abbandonare WhatsApp per altri servizi ma mantenere il proprio account su Facebook, Twitter, Instagram o altri social, non modifica il bilancio tra dati protetti e dati rilasciati.