Lascia Trento il cardiologo dei più piccini Giulio Porcedda al «Meyer» di Firenze
Un medico capace di curare il cuore dei suoi piccoli pazienti, ma anche di conquistarlo. Un medico che nei suoi dodici anni di permanenza nel reparto di pediatria del S. Chiara ha ottenuto la fiducia dei colleghi e di moltissimi genitori che nelle sue mani hanno affidato i loro piccoli. Dal primo ottobre, quando il dottor Giulio Porcedda, pediatra specializzato in cardiologia, lascerà Trento per andare a lavorare in uno dei principali ospedali pediatrici italiani, il Meyer di Firenze, e in molti lo rimpiangeranno.
Per salutarlo, ma anche per tranquillizzare le associazioni dei piccoli pazienti cardiopatici per i quali tanto ha fatto, questa sera alle 18 e 30 al S.Chiara ci sarà un incontro tra i vertici dell’Azienda, i rappresentanti dei genitori e il medico stesso. Nelle sue parole, mentre effettua le ultime visite nell’ambulatorio di via Orsi in una giornata che per lui avrebbe dovuto essere di ferie, c’è gratitudine nei confronti di un’Azienda che tanto lo ha fatto crescere professionalmente, ma anche preoccupazione nel lasciare un ambulatorio, quello di cardiologia pediatrica, ma anche quello di artmologia pediatrica in collaborazione con il dottor Maurizio Del Greco e il dottor Massimiliano Marini, che ha visto nascere e crescere negli anni.
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Da dove nasce la sua preoccupazione dottor Porcedda?
«Mi preoccupo per i piccoli pazienti. L’Azienda ha fatto un buon percorso in questi anni. Siamo passati da tre ambulatori al mese a 3 o 4 a settimana. È passata l’idea che non ovunque serve avere una cardiochirurgia pediatrica, ma devono esserci persone in grado di seguire i piccoli pazienti con problemi. Giusto che Padova rimanga il centro di riferimento, ma gli spostamenti dei pazienti vanno ridotti al minimo e questo abbiamo cercato di fare in questi anni. Il problema è che il lavoro è aumento tantissimo e spero che chi mi sostituirà venga adeguatamente supportato. Tanto per fare un esempio: da quando è stato introdotto lo screening dell’Ecg gli esami in provincia sono passati da 5 a 20 mila».
Quindi dal primo ottobre i pazienti troveranno un altro medico in ambulatorio?
«Ci sarà una giovane e validissima collega, la dottoressa Carmen Previtera, che ha seguito il mio percorso formativo. Spero che questo momento di passaggio possa servire anche all’Azienda per comprendere la mole di lavoro, la sua complessità e la necessità di destinare risorse e forze per evitare che chi è chiamato a prendere il mio possa possa essere sopraffatto dall’immenso impegno che questi piccoli pazienti richiedono. Un bambino con un difetto al cuore ha bisogno di assistenza continua e per tutta la vita».
E quanti sono questi bambini in Trentino?
«Le malformazioni cardiache colpiscono il 10 per mille, vuol dire che in Trentino nascono ogni anno circa 50 bambini con qualche problema. In 45 casi si tratta di difetti minori, ma 5 di questi hanno bisogno di interventi chirurgici, ripetuti ricoveri e controlli continui».
Perché la decisione di andare a Firenze e lasciare questi progetti avviati?
«Vado lì per continuare un percorso di crescita e questo sento di doverlo fare anche per i miei piccoli pazienti. Qui oggi il lavoro è molto complesso e fare ciò che è stato avviato con le stesse risorse mi sembra davvero difficile. Lascio comunque qualcosa di iniziato e certamente nessuno ha interesse a tornare indietro. Il team ha fatto cose così importanti che questo processo di crescita non può e non deve arrestarsi. Nemmeno mamme e bambini lo permetterebbero e l’Azienda questo lo ha capito».
C’è la possibilità che lei possa in qualche modo collaborare con l’Azienda sanitaria trentina?
«Lo farei molto volentieri, ma al momento nessuno me lo ha proposto. Certamente ci sono molte cose da portare avanti. Tra queste, oltre all’ambulatorio di artmologia pediatrica, anche quello per le anomalie vascolari con la dottoressa Rizzoli e il dottor Temperini. Insieme, dal 2010, da quando è stato scoperto che un farmaco per il cuore serviva anche per spegnere gli angiomi, abbiamo curato moltissimi pazienti partecipando a studi nazionali con una casistica di gran lunga superiore ad alcuni dei principali ospedali pediatrici. Nessuno ha interesse che tutto questo vada perso».