Cancro al seno, diagnosi più accurate grazie alla tomografia
Parla la dottoressa Daniela Bernardi, responsabile dello screening in provincia di Trento
Estendere lo screening alle donne tra i 45 e i 74 anni (e non solo a quelle tra i 50 e i 69 come attualmente) ed utilizzare anche per loro, come già avviene dall’ottobre 2014 per le donne trentine che aderiscono allo screening, la tomosintesi, apparecchio che - secondo gli esperti trentini - si è dimostrato più efficace della mammografia nell’individuazione dei tumori.
Attualmente gli apparecchi di questo tipo a disposizione sono tre, due a Trento e uno a Rovereto. Sono stati dati in comodato d’uso gratuito. A breve saranno acquistati insieme a due nuovi.
È quanto emerso nel corso del convegno organizzato dalla Sezione di Senologia della Società italiana di radiologia medica e incentrato su due metodiche emergenti in ambito di diagnostica senologica, ovvero la tomosintesi mammografica e la mammografia con mezzo di contrasto.
«Entrambe le metodiche sono già in uso corrente in provincia che rappresenta un punto di riferimento sia a livello nazionale che internazionale, in quanto l’Unità Senologia clinica e Screening mammografico dell’Azienda sanitaria di Trento ha contribuito attivamente a validare tali metodiche attraverso numerosi lavori scientifici già pubblicati» ha spiegato la dottoressa Daniela Bernardi, responsabile dello screening in provincia di Trento.
L’unità operativa di Senologia di Trento, nel novembre 2014, ha adottato, prima in Italia, proprio una di tali metodiche quale test nel programma di screening, quindi su larga scala. Da qui la scelta di svolgere il convegno a Trento. Nel corso dei lavori sono stati presentati tre studi che hanno evidenziato come l’uso della tomosintesi, rispetto alla tradizionale mammografia, abbia portato, in tutte le realtà (Oslo, Trento-Verona e Malmö in Svezia) a una miglior capacità di diagnosi. Per quanto riguarda la realtà trentina, ad esempio, dall’ottobre 2014 all’ottobre 2015, dopo la centralizzazione dello screening a Trento e Rovereto per garantire alle donne di poter usufruire di questo apparecchio all’avanguardia, sono state esaminate quasi 30 mila donne.
I tumori diagnosticati a tali donne sono stati 146 e di questi ben 42 sono stati visti solo e grazie alla tomosintesi. Nonostante la concentrazione a Trento e Rovereto degli esami è rimasto alto il tasso di adesione (76%), mentre il tasso di richiamo, ossia le donne che vengono richiamate per approfondimenti, è sceso al 2,6%. È infine del 27% la percentuale dei tumori identificati solo con tomosintesi. Stessi risultati positivi erano stati evidenziati nello studio Storm che è stato presentato ieri dal primario Marco Pellegrini ed eseguito in collaborazione con Verona.
Esame, in quel caso, eseguito con due proiezioni da mammografia 2d e tomosintesi, con doppia lettura cieca e indipendente, prima delle immagini della mammografia e poi della tomosintesi. Su 7.294 pazienti 39 lesioni tumorali sono state trovate già con la mammografia e il numero è salito a 59 con la visione delle immagini della tomografia. In pratica si è passati da 5,3 tumori ogni mille esami a 8,1 per mille.
Perché di fronte a tanti numeri positivi, questo esame, oggi considerato di secondo livello, non viene portato di primo livello anche nel resto d’Italia e in generale nel resto d’Europa? Le perplessità arrivano dalle radiazioni che vengono emanate durante l’esame considerato che con due proiezioni in 2d e la tomografia si raddoppia i dosaggio di raggi. «Oggi, con l’uso della 2D sintetica e della tomosintesi, le radiazioni sono invece pressoché uguali in quanto le immagini 2 D vengono effettuate con i dati della tomosintesi», spiega la dottoressa Bernardi.
Diverso il problema dei tempi di lettura che per questo tipo di metodologia sono più lunghi e, visti i numeri di esami da effettuare, sapere che ci vuole il doppio per refertare ogni singola paziente la cosa, dal punto di vista organizzativo, può risultare un problema. Le soluzioni? Assumere nuovi radiologi oppure, forse più fattibile, accontentarsi della lettura di un solo radiologo e non di due come attualmente viene fatto. Per il momento anche a Trento rimane il problema dei tempi di lettura ancora lunghi. 30 giorni sarebbe l’attesa da rispettare, ma questo limite, con il personale a disposizione, non sempre può essere garantito. Dibattito aperto, poi, sul macchinario migliore e sul numero di proiezioni ottimale per garantire ottime diagnosi senza un’eccessiva esposizione radiografica.