Felicità, Danimarca in vetta l'Italia è solo al 50° posto
La ricetta della felicità va chiesta ai danesi. Sono loro al primo posto del World happiness report 2016, mentre l’Italia è solo 50esima per il secondo anno consecutivo. Viene subito dopo Stati come Uzbekistan, Malesia e Nicaragua ed è tra i dieci Paesi con la maggiore diminuzione della felicità tra il 2005 e il 2015.
Il rapporto, realizzato dal Sustainable development solutions network delle Nazioni Unite, si fonda su che voto, da uno a dieci, le persone danno alla loro vita ed è basato su interviste realizzate, tra il 2013 e il 2015, in 156 paesi. Il voto medio degli italiani alla propria vita è 5,9, un «quasi sufficiente» che si pone sopra la media di 5,1 ma è lontano dal 7,5 danese.
«Tutti i nostri paesi dovrebbero capire perchè non sono felici come potrebbero essere. In Italia ci sono chiaramente dei grandi problemi sociali come la disoccupazione giovanile, che è uno dei principali fattori di infelicità. Pesa poi la percezione di un alto livello di corruzione», spiega il curatore del rapporto Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth instituite e consulente speciale del segretario generale delle Nazioni Unite.
Il rapporto è stato presentato alla Banca d’Italia nell’ambito della Conferenza sulla felicità organizzata da Lumsa, Università Tor Vergata e Cortile dei Gentili in occasione della giornata mondiale della Felicità, che ricorre il 20 marzo.
«I dieci paesi con il maggiore calo nella valutazione della vita - si legge nel testo - in genere soffrono di un insieme di tensioni economiche, politiche e sociali. Tre di questi paesi (Grecia, Italia e Spagna) sono tra i quattro paesi dell’Eurozona più colpiti» dalla crisi. Guardando invece alla testa della classifica troviamo tutti paesi dell’Europa Centro-Settentrionale come la Svizzera (che passa al secondo posto dietro la Danimarca dal primo dell’edizione 2015), l’Islanda, la Norvegia e la Finlandia. Seguono Canada, Olanda, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. Restano invece fuori dalla top ten le grandi economie a partire dagli Stati Uniti (tredicesimi), la Germania (sedicesima), il Regno Unito (ventitreesimo) e la Francia (trentaduesima).
«La misurazione della felicità percepita e il raggiungimento del benessere dovrebbero essere attività all’ordine del giorno di ogni nazione che si propone di perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile», afferma Sachs convinto che «al posto di adottare un approccio incentrato esclusivamente sulla crescita economica dovremmo promuovere società prospere, giuste e sostenibili dal punto di vista ambientale». Dal rapporto emerge che sette fattori bastano da soli a spiegare i tre quarti delle variazioni nella felicità: il Pil reale pro capite, l’aspettativa di vita in buona salute, l’avere qualcuno su cui contare, la libertà percepita nel fare scelte di vita, la libertà dalla corruzione e la generosità.