False griffe «made in Napoli» vendute in Cina
Sono finiti anche sugli scaffali dei negozi alla moda della Cina i capi di abbigliamento «made in Naples», rigorosamente falsi, ma prodotti in maniera accuratissima da una delle due organizzazioni criminali dedite alla contraffazione «d'autore» scoperte e sgominate dalla Guardia di Finanza durante dell'operazione «Gran Bazar».
La merce, prima di essere trasferita in oriente, giungeva in Italia dalla Turchia, passando anche da Gran Bretagna e Germania.
Complessivamente i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli hanno notificato 53 ordinanze di custodia cautelare (19 in carcere e 34 ai domiciliari). Le Giamme gialle hanno messo i sigilli a 18 immobili, tra fabbriche e depositi clandestini, dove veniva prodotto e stoccato il materiale. Sequestrati anche undici chilometri di tessuto con il marchio contraffatto Luis Vuitton, oltre a 470 mila capi, 158 macchinari industriali (usati per produrre vestiti e accessori), tre automezzi (che servivano per il trasferimento dei prodotti) e 160 punzoni, utilizzati per falsificare i marchi.
I due gruppi avevano messo in piedi un mercato parallelo di dimensioni enormi, in grado di competere a livello commerciale con i canali legali di rifornimento. Interrotto un giro d'affari milionario visto che in Italia il business della contraffazione è stimato in 7,5 miliardi di euro. I capi arrivavano dalla Turchia e poi, dopo un passaggio in Campania, venivano piazzati - anche attraverso la complicità di alcuni negozianti - in esercizi commerciali di grido di Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana e Puglia.