Contro disinformazione e fake news pediatri in campo Incontro a Trento della Federazione nazionali
Contro la disinformazione in tema vaccini, le fake news e le paure, scendono in campo i pediatri di famiglia. Sono loro l'anello di congiunzione tra i genitori e i servizi vaccinali, sono loro che più di tutti gli altri operatori hanno rapporti frequenti e di fiducia con le famiglie dei nuovi nati e sono sempre loro, forse più delle imposizioni, che possono spiegare e informare seriamente su un tema nel quale tutti dicono tutto e il contrario di tutto.
Si è tenuto sabato a Trento l'incontro formativo organizzato dalla Federazione italiana medici pediatri (Fimp). In una sala gremitissima si sono alternati relatori per ribadire il ruolo di primo piano del pediatra nell'applicazione del Piano nazionale per la prevenzione.
«La responsabilità che i pediatri hanno in materia vaccinale è enorme ed è impensabile ritenere che i pediatri convenzionati possano mettere in campo il libero arbitrio su questo argomento. Occorre fare fronte comune», ha sottolineato il presidente uscente della Fimp Giampietro Chiamenti che, per il termine del suo mandato, si è guadagnato la standing ovation dei presenti.
L'incontro di sabato è stato interessante anche per capire cosa stanno facendo a Bolzano dove la percentuale dei vaccinati è molto bassa e dove la resistenza è forte. Thomas Schael , direttore dell'Azienda sanitaria bolzanina, ha spiegato che grazie anche all'alleanza con i pediatri nel 2017 la copertura vaccinale del morbillo in Provincia è aumentata del 15%. In Alto Adige praticamente la metà dei pediatri vaccina nel proprio studio e molti dei professionisti hanno dato la disponibilità a coprire i turni presso i distretti vaccinali dove c'è una carenza di medici igienisti. La situazione del Trentino, invece, è diversa. I pediatri di famiglia sono 73 e coprono gran parte dei 79 mila bambini presente sul nostro territorio. «Qui da noi la gestione delle vaccinazioni è interamente a carico dei servizi di igiene pubblica - ha spiegato Marta Betta , rappresentante dei pediatri trentini - ma è evidente che per frequenza dei contatti, facile accesso agli studi, rapporto di fiducia coi genitori noi possiano e dobbiamo rivestire un ruolo fondamentale in questo campo. Tra le criticità c'è il tempo e le energie che questi colloqui con i genitori richiedono».
Che il pediatra possa essere determinante lo rivelano anche i dati della pediatra di Bressanone Emanula Pedervilla che tra i suoi pazienti ha una copertura vaccinale che oscilla tra il 96% e il 100%. «Chi non è d'accordo? Se ne è andato e non più mio paziente», ha spiegato in maniera piuttosto tranciante.
All'incontro ha partecipato anche l'assessore alla salute Luca Zeni che ha sottolineato il danno che fanno a livello politico coloro che con mozioni o atti che si sa benissimo che non avranno alcun effetto, tentano di scaricare le responsabilità sulle scelte in tema di vaccinazioni e come invece sia fondamentale avere professionisti, medici e pediatri, che fanno capire senza tentennamenti l'importanza dei vaccini. «Come Provincia abbiamo sostenuto la legge nazionale e votato contro agli atti politici che volevano andare contro di essa anche se questo non era molto popolare soprattutto per una certa fascia di popolazione», ha spiegato Zeni.
Dunque la richiesta è di un fronte compatto, a livello politico e medico, per creare quella immunità di gregge che impedisce che certe malattie colpiscano i bambini a rischio, quelli che non possono vaccinarsi. Per quanto riguarda un eventuale ruolo attivo dei pediatri nelle vaccinazioni il direttore del dipartimento prevenzione dell'Azienda, Marino Migazzi , spiega che al momento non c'è l'esigenza in quanto da sempre in Trentino ad eseguire materialmente i vaccini sono i servizi vaccinali.
I NUMERI
Secondo i primi dati disponibili l'introduzione dell'obbligo vaccinale ha portato in Trentino un aumento della copertura tra i piccoli che al 31 dicembre avevano 24 mesi, ossia la Corte 2015. «Si parla di un aumento del 0,9% per il vaccino esavalente passato dal 93 al 93,9% e del 4% per il morbillo che è passato dall'87 al 91%», spiega Marino Migazzi, direttore del dipartimento della Prevenzione dell'Azienda sanitaria.
Ancora non sono stati elaborati, invece, i dati dei bambini e ragazzi non in regola con le vaccinazioni che avevano ricevuto un appuntamento in gennaio per sistemare la loro posizione. Rispetto ai deludenti dati di dicembre, però, Migazzi anticipa che sembrano essere più incoraggianti.
Con il 1° gennaio 2018 sono state inoltre introdotte delle novità in Trentino con la somministrazione di due dosi di Rotavirus contestualmente al vaccino esavalente al terzo e quinto mese di età, del vaccino anti Hpv (9esavalente) e ora viene offerta anche la vaccinazione gratuita antiTbe visti i tanti casi di encefalite da zecca infetta registrati in provincia negli ultimi anni. Ad illustrare i dati di alcune malattie infettive in Trentino è stata Mariagrazia Zuccali, dell'Apss. Prima dell'introduzione del vaccino contro la varicella, tra il 2000 e il 2013, i ricoveri per questa patologia erano stati 55. Introduzione del vaccino nella prima corte ha raggiunto una copertura di poco più del 50% che è salita al 64% con la seconda corte.
Per quanto riguarda invece il meningococco, la media dei casi è di 3 all'anno con un picco nel 2005, quando sono stati registrati 8 casi. A rischio soprattutto i bambini della fascia 0-4 e gli adolescenti. «Dopo l'introduzione della vaccinazione contro il meningocco C c'è stata una riduzione di casi nella fascia dei piccoli mentre nell'età adolescenziale i numeri sono costanti», ha spiegato la dottoressa Zuccalli, specificando che sui 41 casi 19 erano da meningococco B e 8 da ceppo C.
Dopo l'introduzione del vaccino i casi da sierotipo C si sono ridotti a due. Infine, durante il convegno, è stato dato qualche numero sul Papilloma virus, il cui vaccino ancora stenta a prendere piede considerato che nel 2016 ha raggiunto il 62% tra le ragazze e nella prima corte dei maschi ha superato di poco il 40%. «L'introduzione della vaccinazione universale Hpv è stata introdotta perché nei maschi non esiste un programma di screening organizzato che permetta una diagnosi precoce, come avviene per il cancro della cervice uterina; perché le diagnosi dei tumori nei maschi avviene di solito ad uno stadio avanzato e il carcinoma è poi difficile da trattare; perché il vaccino ha un buon profilo di sicurezza e immunogenicità e infine perché altre 7 regioni avevano già introdotto la vaccinazione nel maschio».